Composti PFAS, salute e ambiente

     Cosa sono i PFAS? Una famiglia di composti chimici poli e perfluorati utilizzati in molti settori industriali, soprattutto per la produzione di materiali resistenti ai grassi e all’acqua. Sono molecole caratterizzate da un forte legame tra fluoro e carbonio che le rende difficilmente degradabili, perciò si accumulano nell’ambiente e possono facilmente passare nei viventi interferendo anche in modo grave con il loro metabolismo.

     D’altra parte il fluoro è l’elemento chimico più elettronegativo del Sistema Periodico, quello che ha la maggiore tendenza ad attrarre a sé gli elettroni di legame. Concetto introdotto nel 1932 dal Premio Nobel, per la chimica (1954) e per la Pace (1962), Linus Carl Pauling.

     Alla stessa famiglia dei PFAS appartengono i PFOS, acido perfluorooctansulfonico, e i PFOA, acido perfluorooctanoico, utilizzati anche per la produzione del politetrafluoroetilene (teflon), che ha rivestito per decenni le padelle antiaderenti e tuttora utilizzato nell’abbigliamento sportivo a base di goretex. Ma il loro utilizzo riguarda anche altri prodotti: cere, vernici, pesticidi.

     Studi dell’ultimo decennio hanno confermato che queste molecole, formate da catene in genere da 4 a 16 atomi di carbonio, con la loro persistenza nell’ambiente sono causa di gravi inquinamenti anche delle falde acquifere e, attraverso l’acqua, entrano nel corpo umano accumulandosi con effetti tossici di vario tipo. In particolare i PFAS rientrano nella famiglia degli “interferenti endocrini”, sostanze che modificano i delicati e importantissimi equilibri ormonali dei viventi, soprattutto della nostra specie. L’assorbimento dei PFAS può avvenire anche attraverso i residui presenti nei contenitori di alimenti, il consumo di pesci e crostacei delle aree inquinate e, secondo alcuni, addirittura attraverso l’aria.

     La loro azione, una volta entrati nell’organismo, si concentra su tutte le ghiandole endocrine, dalla tiroide alle ghiandole sessuali, alle surrenali, al pancreas (parte endocrina), alterandone il funzionamento.

     Da qualche anno, l’Agenzia Regionale per l’Ambiente del Veneto, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e alcune aziende sanitarie di quella Regione hanno affrontato il problema della presenza di queste sostanze in alcuni territori delle province di Vicenza, Verona e Padova.

     Il fenomeno inquinante e le conseguenze sanitarie sono stati portati all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale anche da un servizio televisivo della trasmissione PresaDiretta della RAI: Video RAI sui Pfas (durata 13 min).

Riporto anche un link al poster dell’ARPA Veneto che segnala le aree di contaminazione da sostanze PFAS e le azioni di controllo integrato.

     Per approfondimenti, si veda la Relazione dell’ARPA veneto: Contaminazioni da PFAS e Azioni ARPAV, ricca di dati tecnici. Il sito regionale: https://www.regione.veneto.it/web/sanita/pfas . Ministero dell’Ambiente, progetto PFAS.

PFAS_USA-300x266     Ma quello dei PFAS e dei perfluorocarburi (PFC) non è un problema solo italiano, come dimostra la cartina sulla contaminazione delle acque degli Stati Uniti pubblicata da Alabama Today. Decine di milioni di abitanti degli Stati dell’Est, ma anche dell’Ovest, utilizzano acqua potabile con alti livelli di perfluorati.

Crediti immagine in basso: SiREM Lab.

La cellulosa: Struttura e funzioni

     La cellulosa è un polisaccaride e come tale è un carboidrato (vedi i carboidrati), cioè appartiene a quel gruppo di composti organici formati da carbonio, idrogeno e ossigeno. La cellulosa è costituita da una molecola più complessa di quella di altri polisaccaridi, come l’amido. È formata da lunghe catene di molecole di glucosio, da trecento a tremila circa, unite una di seguito all’altra da legami beta 1-4 glucosidici (tra il sito 1 di una molecola di glucosio e il sito 4 di quella successiva), la sua formula generale è: (C6H10O5)n . Due molecole di glucosio unite da questo particolare legame ne formano una di cellobiosio, l’unità ripetitiva della cellulosa.

     Quindi si tratta di un polimero del glucosio le cui molecole si uniscono per condensazione eliminando molecole d’acqua: unendosi n molecole di glucosio, si eliminano n-1 molecole d’acqua. Sul nostro pianeta la cellulosa è il composto organico più diffuso: costituisce le pareti delle cellule vegetali, gran parte del legno delle piante, vari altri prodotti come il cotone, il lino, la canapa e la carta. La cellulosa non è digeribile dall’organismo umano, perché non possiede enzimi in grado di demolire i legami beta 1-4 glucosidici, e nell’intestino forma una massa che stimola le contrazioni della muscolatura liscia delle pareti del tubo digerente (peristalsi) facilitando il movimento del cibo ingerito, durante i vari stadi della sua demolizione.

     A livello industriale, la cellulosa è stata utilizzata anche per produrre i primi polimeri sintetici: l’acetato di cellulosa, il rayon, il nitrato di cellulosa.

     La struttura della cellulosa presenta le lunghe catene glucosidiche disposte parallelamente le une alle altre, unite fra loro da numerosi (perciò nel complesso forti) legami a idrogeno. Il risultato è una struttura complessiva compatta e difficile da dissolvere: alcuni batteri presenti nello stomaco dei ruminanti e nell’apparato digerente delle termiti però producono enzimi in grado di rompere i legami beta 1-4 glucosidici e rendono digeribile anche la cellulosa scindendola in molecole di glucosio.

Questo composto ha rivoluzionato varie tappe della storia umana con tre prodotti fondamentali: legno, carta e cotone.

     Il legno da sempre è stato utilizzato dall’uomo per riscaldarsi, cuocere i cibi, costruire armi, sistemi di riparo e protezione, utensili vari. Oggi nelle nostre case è stato in parte sostituito da metalli e plastica, ma per secoli è stato indispensabile per tavoli, sedie, mobili, infissi. Le “traversine” utilizzate per fissare e tenere alla giusta distanza i binari ferroviari oggi sono in cemento armato, ma per oltre un secolo sono state costruite in legno. Il legno consente anche di sostenere gli alberi diffusi sulla Terra, da quelli dei viali cittadini (platani, bagolari, aceri, tigli, … ) alle più estese foreste del pianeta: la taiga russa e la foresta amazzonica sudamericana.

     Il cotone è una fibra vegetale naturale prodotta da piante del genere Gossypium. Le maggiori produzioni di cotone si hanno in Asia centrale e in America settentrionale. La maggior parte degli abiti che indossa ciascuno di voi che state leggendo questo post è costituita da cotone, “cotone mercerizzato”, cioè trattato con un procedimento chimico e meccanico ideato dal chimico inglese John Mercier (1791-1866) nel 1851. Questo processo prevede trattamenti con idrossidi, generalmente di sodio (ma è stato utilizzato anche quello di potassio o di litio), che determinano modificazioni permanenti nella struttura della cellulosa del cotone e la rendono più resistente e più facile da tingere.

     La carta, oggi comunissima e indispensabile per molti scopi, in passato è stata rara, preziosa, costosa e difficile da produrre. Si potrebbero elencare centinaia di usi della carta e sarebbero incompleti. Ne cito alcuni che tutti hanno provato: carta per giornali, libri e riviste, carta e cartoni per imballaggi e confezioni regalo, per buste e lettere, l’indispensabile carta igienica, le banconote, una “carta” molto speciale per il valore che le viene attribuito e perché ricavate dal cotone anziché dalla cellulosa. Ma l’elenco potrebbe continuare con i biglietti di autobus, treni, gli scontrini degli acquisti, i volantini pubblicitari, la carta fotografica, quella per i documenti di riconoscimento, l’agognato diploma di maturità o quello di laurea, ecc.

Nella prima immagine: una molecola di cellobiosio, unità della cellulosa risultata dall’unione di due molecole di glucosio, in cui è segnalato il legame beta 1,4 glucosidico.

Video: da Dizionario di RAI Scuola: Cellulosa. Produzione della carta; Come nasce una banconota, estratto dalla trasmissione RAI Superquark.