Il piombo e i rischi per la salute

Il piombo (Pb) è un elemento chimico pesante, numero atomico 82 e massa atomica 207,2 dalton. Fu scoperto in epoca antica e si trova citato nei papiri egizi del 1550 a. C. probabilmente perché è facile da reperire in molti minerali ed è facile da lavorare. Se è raro trovarlo in natura allo stato nativo, spesso si trova associato al rame e allo zinco e all’argento e viene estratto insieme a questi altri metalli. Il piombo possiede numerosi isotopi, alcuni sono artificiali e altri cinque esistono in natura: Pb-208 (52,4%), Pb-206 (24,1%), Pb-207 (22,1%), Pb-204 (1,4%) e Pb-210 presente solo in tracce.

Da alcuni secoli nelle armi da fuoco di diversa tipologia sono state utilizzate munizioni al piombo. Anche le armi da caccia prevedono l’utilizzo di munizioni al piombo: le cartucce contengono la polvere da sparo, l’innesco a percussione, materiale isolante (una volta ecologico, in cartone, poi per diversi decenni in plastica) e pallini di piombo di diverso calibro. Ormai è accertato che il piombo e suoi composti sono molto tossici per i viventi. I danni sulla salute umana e quella degli altri viventi consistono in una forma di avvelenamento grave detta saturnismo. Saturno era il nome dato al piombo dagli antichi alchimisti.

Il consumo frequente di cacciagione selvatica abbattuta con munizioni al piombo, poteva causare questa grave intossicazione. Il piombo penetrato nell’organismo attraverso l’apparato digerente, in parte veniva assorbito. La prima barriera protettiva è rappresentata dal fegato (come per tantissime altre sostanze tossiche) che ne elimina una parte. La parte restante nel sangue si trasforma in difosfato di piombo, Pb3(PO4)2 , e tende ad accumularsi nelle ossa, oltre a danneggiare altri organi tra cui il sistema nervoso centrale e periferico, i reni, il sistema cardiovascolare.

Oggi non sono frequenti le intossicazioni croniche o acute da piombo e sono legate soprattutto all’utilizzo industriale del piombo, in diversi ossidi, tra cui il minio, i cromati e i carbonati.

Anche le tubazioni vecchie possono sciogliere nell’acqua apprezzabili quantità di piombo che poi sono assorbite con la dieta. Si tratta di piccole quantiche che però perdurano nel tempo, per decenni o secoli. Tuttora ci sono strutture e tubazioni in piombo vecchie di diversi secoli, alcune addirittura risalgono all’epoca romana. Le tubazioni erano costruite in piombo fino ad alcuni decenni fa, mentre oggi regna sovrana la plastica, sperando che anche quest’ultima non rilasci quantità pericolose di microparticelle nell’acqua che la attraversa.

Area-Umida-Ca-di-mezzo (crediti. agricultura.it)

Per risolvere almeno il problema delle munizioni al piombo, in molti parchi e siti protetti (Rete Natura 2000), da qualche mese in alcune Regioni italiane è stato introdotto il divieto di utilizzare munizioni contenenti piombo, come aveva già stabilito la UE alla fine del 2020. Una misura importante per salvaguardare i cittadini, la fauna selvatica e l’ambiente in generale. Secondo uno studio, coordinato dall’ISPRA e pubblicato nel 2018, sono almeno 40 le specie di pesci e uccelli acquatici a rischio avvelenamento da piombo in Europa e di questi, il 6% corrispondente a circa 700.000 individui, ogni anno muoiono. Anche in seguito a questo ed altri studi, l’Unione Europea nel 2020 ha deciso di aumentare la tutela delle zone umide, per mantenere la biodiversità e tutelare indirettamente anche la salute umana. Secondo l’ECHA, l’agenzia europea per le sostanze chimiche, il piombo riversato in vari modi nell’ambiente è causa di morte diretta e indiretta ogni anno di milioni di animali. Perciò il 24 e il 25 novembre del 2020, il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha approvato un regolamento che vieta l’utilizzo del piombo nelle zone umide (Regolamento UE). Il 2 febbraio di ogni anno si celebra la giornata internazionale delle zone umide, dedicata a paludi, stagni, laghi, lagune e risorgive. Si tratta di aree del pianeta fondamentali per la biodiversità e anche per la nostra sopravvivenza. per saperne di più: Chimica-online, RAI-SCIENZA.

Rischi chimici emergenti in Europa: i PFAS

PFAS-fonti     L’Agenzia Europea per l’Ambiente, lo scorso dicembre ha presentato una panoramica sui maggiori rischi chimici accertati o potenziali per l’ambiente e la salute umana. Rischi chimici, non biologici ormai concentrati sulla diffusione del coronavirus COVID-19.

     La nuova commissione europea ha pubblicato un Green Deal che ha l’obiettivo fondamentale (forse un’utopia) di un’ambiente privo di sostanze tossiche per proteggere al meglio cittadini e ambiente.

     Tra i rischi chimici, l’AEA mette in primo piano i PFAS (sostanze alchiliche perfluorifluorurate), un gruppo di oltre 4700 sostanze artificiali ma le più conosciute sono l’acido perfluoroottanoico (PFOA, formula grezza: C8HF15O2), l’acido perfluoroottano solfonico (PFOS, formula grezza: C8HF17O3S) e l’acido perfluorononanoico (PFNA, formula grezza: C9HF17O2), utilizzati in molti prodotti industriali e che tendono ad accumularsi nell’ambiente a causa della loro repellenza sia all’acqua che alle sostanze oleose. Perciò sono molto resistenti alla degradazione. In quali prodotti si trovano? Nelle creme e nei cosmetici, nei tessuti per esterni e per mobili, nei rivestimenti metallici antiaderenti, nelle schiume antincendio, nelle vernici, in molti prodotti per l’agricoltura, pesticidi e diserbanti.

     In Europa i PFAS hanno contaminato le acque di molte regioni, anche le acque potabili. In Italia sono stati studiati e monitorati i fenomeni riscontrati in Veneto, dove ormai sono un vero e proprio allarme sociale per 21 comuni delle provincie di Vicenza, Verona e Padova.

     Non si tratta solo di contaminazione ambientale in generale, questi composti sono stati rinvenuti in quantità significative (fino a dieci volte superiori al normale) anche nel sangue dei cittadini delle zone più esposte. Gli effetti sulla salute, secondo gli esperti, sono o potrebbero essere molteplici, correlati alla tipologia e alla quantità dell’esposizione e dell’assunzione dei PFAS.

     Senza considerare i costi, al momento non quantificabili, per un’eventuale bonifica dei terreni e delle acque delle zone più inquinate.

     L’obiettivo “net zero pollution” (inquinamento zero) del Green Deal europeo è una bella iniziativa ma non chiarisce con quali strumenti e risorse e in quali tempi potrà essere raggiunto e come si potrà favorire l’innovazione per prodotti chimici più sicuri per i cittadini e per l’ambiente.

Crediti: AEA. RAI: PFAS, il veleno invisibile. http://www.belabs.it/PFAS-veleno_invisibile

L’uso del glifosato in agricoltura

glifosato     Cos’è il glifosato? È l’erbicida più utilizzato al mondo e da alcuni anni è oggetto di pareri controversi da parte della comunità scientifica. La Comunità Europea ha incaricato l’Istituto tedesco BfR di eseguire un’indagine tossicologica su questa sostanza e sui possibili effetti sulla salute umana. Le conclusioni sono state abbastanza tranquillizzanti: si ritiene improbabile che il glifosato possa costituire un pericolo per la salute umana. Ma l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il glifosato tra i prodotti rischiosi, soprattutto per coloro che lo utilizzano nelle pratiche agricole, ritenendolo un probabile cancerogeno e un prodotto genotossico.

     Da punto di vista chimico, il glifosato è un erbicida non selettivo, cioè tossico per tutte le piante, che agisce inibendo alcuni enzimi cellulari responsabili della produzione delle proteine vitali per le piante. Si utilizza anche il nome N-(fosfonometil)glicina e la sua formula chimica grezza è C3H8NO5P. La molecola pare sia stata scoperta prima da Henry Martin nel 1950 per conto di un’azienda svizzera, senza che fosse pubblicata. Successivamente, nel 1970, fu la volta di John Franz che lavorava per la Monsanto Company e da allora la molecola è stata brevettata e inserita come principio attivo negli erbicidi. Dal 2001, anno di scadenza del brevetto, la produzione è diventata libera.

diserbante-300x284     Poiché la manodopera in agricoltura si è ridotta moltissimo negli ultimi decenni a vantaggio di una meccanizzazione crescente, pare non si riesca più a fare a meno dei diserbanti, soprattutto del glifosato. Anche per questo, sostenuta dalle conclusioni della BfR, la Commissione Europea ne ha consentito l’uso fino al 30 giugno prossimo, in attesa di una decisione definitiva che per adesso non è arrivata. Anzi dalle ultime notizie d’agenzia riferite ad ieri, i Commissari competenti sul tema sono orientati per una proroga delle autorizzazioni all’utilizzo del glifosato. Insomma, ci sono molti interessi in gioco e il problema viene rinviato. Nei frutteti e in altre colture si potrà continuare ad usare questo potente diserbante e potrà essere utilizzato anche lungo le siepi dei binari ferroviari e ai bordi delle strade.

campo_frumento-207x300     E la salute pubblica? Di solito in Europa prevale il “principio di precauzione”: in caso di sostanze sospettate di provocare danni alla salute umana, il loro uso viene vietato o quantomeno sospeso in attesa di ulteriori indagini. In questo caso avviene il contrario e sembra che l’Europa si stia allineando alle normative statunitensi: tutto ciò che non è dimostrato essere certamente nocivo, viene permesso.

     Anche l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), la cui sede è a Parma, ritiene che non ci siano prove degli effetti cancerogeni del glifosato.

     La Commissione Europea ieri ha comunicato, per il prossimo 6 giugno, la riunione del comitato di esperti dei 28 Paesi che compongono l’UE, per discutere il controverso dossier sul glifosato, proponendo la proroga dell’autorizzazione all’utilizzo dell’erbicida per diciotto mesi al massimo. Si propone anche di minimizzarne l’uso prima del raccolto, nei parchi e nei giardini pubblici. Vedremo cosa decideranno gli esperti, ma si conosce già la netta contrarietà della Gran Bretagna (alle prese anche con un referendum sull’uscita dalla UE): oltre la Manica il glifosato è utilizzato massicciamente.

Video RAI: glifosato, (Geo ospita Fabio Taffetani, professore ordinario di Botanica sistematica al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche).

Per approfondire: Manifesto Stop al Glisofato, di Legambiente. La valutazione del rischio da glifosato, dell’EFSA, per conto della Comunità Europea; La Stampa Salute: glifosato.

Diretta La7: Glifosato testimonianze.

Nelle immagini: 1. Struttura della molecola di glifosato; 2. Irrorazione di una coltura con un diserbante selettivo; 3. Particolare di un campo di frumento trattato con glifosato e privo di erbe infestanti.

Appello per la difesa della ricerca scientifica italiana

appello_ricerca_2016     Nell’Unione Europea le priorità sono sempre altre: le banche e i mercati, il controllo dei bilanci nazionali. Al primo posto ci sono sempre il mondo finanziario e l’economia. Le persone, l’istruzione e la formazione, la ricerca scientifica sono considerati sempre meno importanti.

     Decine di migliaia di scienziati e ricercatori, ma anche semplici cittadini, stanno chiedendo all’Unione Europea di pretendere dai singoli Stati nazionali anche adeguati fondi per la ricerca. Una soglia minima che sia valida per tutti, in modo da non avere le differenze attuali: da una parte alcuni Paesi come Danimarca, Svezia, Finlandia, Austria, Germania, che investono per la ricerca circa il 3% del Prodotto Interno Lordo (PIL) e altri come l’Italia che per lo stesso scopo investono solo l’1%. Senza considerare che altri Paesi fuori dalla UE e nostri concorrenti investono molto di più in ricerca: Israele (4,2%), Giappone (3,5%), Corea (4,1%). In queste condizioni, dovremo abituarci ai 100.000 giovani (per lo più i migliori laureati e dottorandi) che solo nel 2015 hanno abbandonato l’Italia: sarà la normalità anche per i prossimi anni!

      TESTO IN ITALIANO della lettera pubblicata su Nature il 4 febbraio scorso.

Chiediamo all’Unione Europea di spingere i governi nazionali a mantenere i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza. Questo permetterebbe a tutti gli scienziati europei – e non solo a quelli britannici, tedeschi e scandinavi – di concorrere per i fondi di ricerca Horizon 2020.

In Europa i fondi di ricerca pubblici sono erogati sia dalla Commissione Europea che dai governi nazionali. La Commissione finanzia principalmente grandi progetti di collaborazione internazionali, spesso in aree di ricerca applicata, e i  governi nazionali finanziano invece  – oltre che i propri progetti strategici – programmi scientifici su scala più piccola, e operati “dal basso”.

Ma non tutti gli Stati membri fanno la loro parte. Per esempio l’Italia trascura gravemente la ricerca di base. Oramai da decenni il CNR non riesce a finanziare la ricerca di base,  operando in un regime di perenne carenza di risorse. I fondi per la ricerca sono stati ridotti al lumicino. I PRIN (progetti di ricerca di interesse nazionale) sono rimasti inattivi dal 2012, fatta eccezione per alcune piccole iniziative destinate a giovani ricercatori.

I fondi di quest’anno per i PRIN, 92 milioni di Euro per coprire tutte la aree di ricerca, sono troppo pochi e arrivano troppo tardi, specialmente se paragonati per esempio al bilancio annuale dell’Agenzia della Ricerca Scientifica Francese (corrispondente ai PRIN italiani) che si attesta su un miliardo di Euro l’anno. Nel periodo 2007-2013 l’Italia ha contribuito al settimo “Programma Quadro” europeo per la ricerca scientifica per un ammontare di 900 milioni l’anno, con un ritorno di soli 600 milioni. Insomma l’incapacità del Governo Italiano di alimentare  la ricerca di base ha causato una perdita di 300 milioni l’anno per la scienza italiana e  quindi per l’Italia.

Se si vuole evitare che la ricerca si sviluppi in modo distorto nei vari Paesi europei, le politiche nazionali devono essere coerenti tra di loro e garantire  una ripartizione equilibrata delle risorse.”

     La lettera è stata firmata da circa 58.000 persone. Chi vuole firmare può farlo a questo link: https://www.change.org/p/salviamo-la-ricerca-italiana .

     Si può anche ascoltare l’appello di Piero Angela a sostegno della ricerca scientifica italiana ed europea che in alcuni Stati è a livello di pura sussistenza, oppure l’appello di Giorgio Parisi dello scorso 25 febbraio: Salviamo la ricerca.

Crediti immagine: www.sciencedaily.com .

“Per la Scienza e la Cultura”

     Una delle iniziative che caratterizzeranno le prossime settimane è la mobilitazione “Per la Scienza e la Cultura”. La manifestazione si propone di sollecitare i governi a mettere al centro della loro azione la ricerca tecnico-scientifica e l’innovazione. Questi settori possono contribuire al superamento della crisi socio-economica e di valori che sta affliggendo molti Paesi europei. Scienza, Cultura e aggiungo Tecnologia, possono aiutarci a trovare strade che vanno oltre la società dell’iperconsumo e dell’iperproduzione di rifiuti di ogni tipo. Il modello attuale: crescita e consumo per ottenere benessere non può più funzionare. Bisogna trovare altre vie per il benessere, un benessere sociale, per molti, non per pochi: né la crescita né il consumo possono essere illimitati in un ambiente limitato come la Terra. 

     Le iniziative legate a questo progetto partiranno il 26 settembre, con la notte dei ricercatori e continueranno fino al 18 ottobre, giorno in cui è previsto l’arrivo a Parigi della marcia “La science en marche”. Quest’ultimo evento si snoda in bici tra le strade  della provincia di Parigi per richiamare l’attenzione dei governanti francesi sul declino della ricerca di quel Paese, anche a causa della riduzione di finanziamenti.

     Inoltre, si riuniscono a Torino oggi e nella bellissima Galleria di Diana della Venaria Reale domani, i 28 ministri della Cultura dei Paesi dell’Unione Europea. In Piazza Carignano, un pallone aerostatico ha dato il benvenuto alle delegazioni dei vari Stati membri. Per due giorni le due città saranno capitali europee della cultura. L’evento è un’ulteriore testimonianza del passaggio dell’area metropolitana torinese dalla dimensione esclusivamente industriale, prevalentemente meccanica e automobilistica, verso una dimensione più diversificata e a vocazione turistica.

Il logo “Per la Scienza Per la Cultura” è stato proposto da Letizia Moricca. Con i dati ricavati da Eurostat e relativi al 2013, è  stata evidenziata nei diversi colori la disoccupazione giovanile. Rosso: disoccupazione giovanile >45%, arancione 30-45%, giallo scuro 20-30%, giallo 10-20%, giallo chiaro <10%, bianco: paesi non EU .

Credit immagine: http://www.roars.it/online/per-la-scienza-e-la-cultura/    Riferimenti:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/09/per-la-scienza-e-la-cultura/1113882/

http://sciencesenmarche.org/fr/

Frasi H: indicazioni di pericolo

      Riporto le frasi H (Hazard statements), “indicazioni di pericolo” contenute all’interno del Regolamento (CE) n. 1272/2008 (indicato anche con la sigla CLP – Classification, Labelling and Packaging of chemicals), relativo alla classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze chimiche e delle miscele. Le frasi H hanno sostituito le più vecchie frasi R, ormai abrogate. Le indicazioni CE sono state recepite dall’Istituto Superiore di Sanità. Ogni frase è preceduta dalla lettera H associata ad un numero, che insieme costituiscono un codice univoco.

  • Pericoli fisici
  • H200 – Esplosivo instabile.
  • H201 – Esplosivo; pericolo di esplosione di massa.
  • H202 – Esplosivo; grave pericolo di proiezione.
  • H203 – Esplosivo; pericolo di incendio, di spostamento d’aria o di proiezione.
  • H204 – Pericolo di incendio o di proiezione.
  • H205 – Pericolo di esplosione di massa in caso d’incendio.
  • H220 – Gas altamente infiammabile.
  • H221 – Gas infiammabile.
  • H222 – Aerosol altamente infiammabile.
  • H223 – Aerosol infiammabile.
  • H224 – Liquido e vapori altamente infiammabili.
  • H225 – Liquido e vapori facilmente infiammabili.
  • H226 – Liquido e vapori infiammabili.
  • H227 – Liquido combustibile
  • H228 – Solido infiammabile.
  • H229 – Recipiente sotto pressione: può esplodere per riscaldamento.
  • H230 – Può scoppiare anche in assenza di aria.
  • H231 – Può scoppiare anche in assenza di aria, a elevata pressione e/o temperatura
  • H240 – Rischio di esplosione per riscaldamento.
  • H241 – Rischio d’incendio o di esplosione per riscaldamento.
  • H242 – Rischio d’incendio per riscaldamento.
  • H250 – Spontaneamente infiammabile all’aria.
  • H251 – Autoriscaldante; può infiammarsi.
  • H252 – Autoriscaldante in grandi quantità; può infiammarsi.
  • H260 – A contatto con l’acqua libera gas infiammabili che possono infiammarsi spontaneamente.
  • H261 – A contatto con l’acqua libera gas infiammabili.
  • H270 – Può provocare o aggravare un incendio; comburente.
  • H271 – Può provocare un incendio o un’esplosione; molto comburente.
  • H272 – Può aggravare un incendio; comburente.
  • H280 – Contiene gas sotto pressione; può esplodere se riscaldato.
  • H281 – Contiene gas refrigerato; può provocare ustioni o lesioni criogeniche.
  • H290 – Può essere corrosivo per i metalli.
  • Pericoli per la salute
  • H300 – Letale se ingerito.
  • H301 – Tossico se ingerito.
  • H302 – Nocivo se ingerito.
  • H303 – Può essere nocivo in caso di ingestione.
  • H304 – Può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie.
  • H305 – Può essere nocivo in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie.
  • H310 – Letale per contatto con la pelle.
  • H311 – Tossico per contatto con la pelle.
  • H312 – Nocivo per contatto con la pelle.
  • H313 – Può essere nocivo per contatto con la pelle.
  • H314 – Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.
  • H315 – Provoca irritazione cutanea.
  • H316 – Provoca una lieve irritazione cutanea.
  • H317 – Può provocare una reazione allergica cutanea.
  • H318 – Provoca gravi lesioni oculari.
  • H319 – Provoca grave irritazione oculare.
  • H320 – Provoca irritazione oculare.
  • H330 – Letale se inalato.
  • H331 – Tossico se inalato.
  • H332 – Nocivo se inalato.
  • H333 – Può essere nocivo se inalato.
  • H334 – Può provocare sintomi allergici o asmatici o difficoltà respiratorie se inalato.
  • H335 – Può irritare le vie respiratorie.
  • H336 – Può provocare sonnolenza o vertigini.
  • H340 – Può provocare alterazioni genetiche.
  • H341 – Sospettato di provocare alterazioni genetiche.
  • H350 – Può provocare il cancro.
  • H351 – Sospettato di provocare il cancro.
  • H360 – Può nuocere alla fertilità o al feto.
  • H361 – Sospettato di nuocere alla fertilità o al feto.
  • H362 – Può essere nocivo per i lattanti allattati al seno.
  • H370 – Provoca danni agli organi.
  • H371 – Può provocare danni agli organi.
  • H372 – Provoca danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta.
  • H373 – Può provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta.
  • Pericoli per l’ambiente
  • H400 – Molto tossico per gli organismi acquatici.
  • H410 – Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.
  • H411 – Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.
  • H412 – Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.
  • H413 – Può essere nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.
  • H420 – Nuoce alla salute pubblica e all’ambiente distruggendo l’ozono dello strato superiore dell’atmosfera.
  • Informazioni supplementari sui pericoli
    1. Proprietà fisiche
  • EUH 001 – Esplosivo allo stato secco.
  • EUH 006 – Esplosivo a contatto o senza contatto con l’aria.
  • EUH 014 – Reagisce violentemente con l’acqua.
  • EUH 018 – Durante l’uso può formarsi una miscela vapore-aria esplosiva/infiammabile.
  • EUH 019 – Può formare perossidi esplosivi.
  • EUH 044 – Rischio di esplosione per riscaldamento in ambiente confinato.
  • Proprietà pericolose per la salute
  • EUH 029 – A contatto con l’acqua libera un gas tossico.
  • EUH 031 – A contatto con acidi libera gas tossici.
  • EUH 032 – A contatto con acidi libera gas molto tossici.
  • EUH 066 – L’esposizione ripetuta può provocare secchezza o screpolature della pelle.
  • EUH 070 – Tossico per contatto oculare.
  • EUH 071 – Corrosivo per le vie respiratorie.
  • Proprietà pericolose per l’ambiente
  • EUH 059 – Pericoloso per lo strato di ozono.
  • Elementi dell’etichetta e informazioni supplementari per talune sostanze e miscele
  • EUH 201 – Contiene piombo. Non utilizzare su oggetti che possono essere masticati o succhiati dai bambini.
  • EUH 201A – Attenzione! Contiene piombo.
  • EUH 202 – Cianoacrilato. Pericolo. Incolla la pelle e gli occhi in pochi secondi. Tenere fuori dalla portata dei bambini.
  • EUH 203 – Contiene cromo(VI). Può provocare una reazione allergica.
  • EUH 204 – Contiene isocianati. Può provocare una reazione allergica.
  • EUH 205 – Contiene componenti epossidici. Può provocare una reazione allergica.
  • EUH 206 – Attenzione! Non utilizzare in combinazione con altri prodotti. Possono liberarsi gas pericolosi (cloro).
  • EUH 207 – Attenzione! Contiene cadmio. Durante l’uso si sviluppano fumi pericolosi. Leggere le informazioni fornite dal fabbricante. Rispettare le disposizioni di sicurezza.
  • EUH 208 – Contiene… Può provocare una reazione allergica.
  • EUH 209 – Può diventare facilmente infiammabile durante l’uso.
  • EUH 209A – Può diventare infiammabile durante l’uso.
  • EUH 210 – Scheda dati di sicurezza disponibile su richiesta.
  • EUH 401 – Per evitare rischi per la salute umana e per l’ambiente, seguire le istruzioni per l’uso.

 

 

L’Italia ultima nella classifica europea dei laureati

     I dati pubblicati da Eurostat l’altro ieri e relativi al 2013 sono impietosi: la percentuale dei laureati tra la popolazione italiana compresa tra i 30 e i 34 anni è solo del 22,4%, la più bassa d’Europa. Non li riporto per farci del male, ma perché non si possono ignorare per la loro gravità.

     La percentuale più elevata di laureati si riscontra in Irlanda (52,6%), Lussemburgo (52,5%), Lituania (51,3%), e poi Svezia, Cipro, Regno Unito, Finlandia e Francia.

     In fondo, ma davanti all’Italia, ci sono: Romania, Croazia, Malta, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria e Portogallo.

     Una situazione deprimente per l’Italia e i tanti italiani che vorrebbero un’istruzione pubblica di elevata qualità e un sistema universitario in grado di stimolare e offrire una formazione adeguata ai rapidi cambiamenti sociali, tecnologici ed economici che stiamo vivendo. La media dei laureati UE in quella fascia d’età è del 37%.

     La Scuola Secondaria non si trova in una condizione migliore, almeno per quanto riguarda la percentuale di abbandono degli studenti: l’Italia è 23ma su 28 Stati, quintultima. La ricerca ha analizzato il numero di giovani tra i 18 e i 24 anni che dopo la scuola secondaria di I grado hanno abbandonato gli studi: il 17% nel nostro Paese, a fronte di una media UE dell11,9%. I Paesi invece in cui i tassi di abbandono sono più bassi sono Croazia (3,7%), Slovenia (3,9%), Repubblica Ceca (5,4%). Peggio di noi, in termini di abbandoni scolastici, fanno solo Romania, Portogallo, Malta e Spagna.

     Sono i risultati anche di una politica e di una campagna di stampa a volte dissennate che hanno screditato sempre di più la Scuola, l’Università statale italiana e chi vi lavora, rendendola sempre meno “appetibile” per i giovani. Non poco hanno contribuito anche “gli accessi a numero programmato” (vedi le polemiche suscitate anche dal recente test di ammissione alle facoltà di medicina e odontoiatria e allo “scandaloso” episodio capitato a Bari) che hanno scoraggiato e lasciato fuori molti giovani. Per la scuola secondaria e gli abbandoni invece, la progressiva riduzione del “fondo d’istituto” ha dato il colpo di  grazia anche alle tante iniziative mirate alla riduzione degli abbandoni. Un altro aspetto negativo che ha influito sul numero di abbandoni scolastici è stata la “riforma” di alcuni anni fa che ha svuotato molti istituti tecnici e professionali di ore, strutture e risorse umane competenti in attività tecnico-pratiche laboratoriali e di “officina”. 

Chi vuole saperne di più sulla ricerca: Eurosta home.

Il rapporto in francese e in inglese.

 

Uso di fonti energetiche rinnovabili nelle aree urbane

cities_on_power      Cities on power (Cop)è un progetto che ha lo scopo di promuovere, nelle aree urbane, l’uso di fonti energetiche rinnovabili. Partecipano al progetto sostanzialmente quattro città: Varsavia, Klagenfurt, Torino e Ravenna, che stanno progettando e preparando insieme le azioni da mettere in atto per facilitare l’utilizzo di fonti energetiche “pulite” da parte dei cittadini.

Il progetto nasce dalla considerazione che nell’Unione Europea oltre il 70% dell’energia viene consumata nelle città, perciò molti ritengono che il risparmio e il cambiamento di rotta a vantaggio delle energie rinnovabili debba partire proprio dalle aree urbane. Così anche Cities on power potrà contribuire in modo significativo al raggiungimento dell’obiettivo dell’UE di arrivare al 20% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020.

Partecipano al progetto anche 5 Istituti di ricerca di Austria, Germania, Italia e Polonia. I loro contributi scientifici e tecnologici saranno fondamentali per il successo di Cities. In un periodo di crisi economica come quello attuale, saranno importanti anche nuovi mezzi e strumenti organizzativi in grado di ottimizzare gli investimenti. Alcuni investimenti pilota riguarderanno l’ammodernamento energetico di edifici pubblici appositamente selezionati nelle quattro città. La riconosciuta validità e importanza del progetto gli ha consentito di accedere ai fondi di sviluppo dell’Unione Europea. Il successo dell’iniziativa porterà benefici anche alla qualità dell’aria.

Saranno messi in atto anche strumenti informatici e multimediali in grado di aiutare i cittadini a capire quanto è vantaggioso per un determinato edificio passare dalle fonti energetiche fossili all’installazione di pannelli solari e pompe di calore.

Un ruolo centrale è svolto dall’informazione dei cittadini, dei tecnici, delle imprese e degli amministratori, spesso con scarse competenze, concentrati sulle loro vicende politiche locali e sulle aspirazioni nazionali.

Quali sono i partners del progetto?

City of Warsaw,  Energy Conservation Foundation ul. ?wi?tokrzyska 20 00-002 Warszawa,    Municipal Authorities of the provincial capital Klagenfurt   Austria,        Ecopower Stock Exchange Salzburg, Austria;   Research Studios Austria,   Local Agenda 21 for Dresden, Dresda Germania;  Province of Torino,    Environment Park S.p.A. Torino;  Province of Ravenna.

Per saperne di più: http://www.citiesonpower.eu/it . I partners:

www.e-warsaw.pl

www.fpe.org.pl

www.klagenfurt.at

www.salzburg.oekostromboerse.at

www.researchstudio.at

www.dresdner-agenda21.de

www.provincia.torino.gov.it/

www.envipark.com

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Erasmus è diventato più

     Negli ultimi mesi si era parlato di ulteriori riduzioni dei fondi per i progetti Erasmus. La Commissione Europea invece, considerando fondamentale un periodo di formazione fuori dai confini nazionali dei giovani dei vari Paesi dell’Unione, ha rifinanziato il progetto Erasmus che assegna borse di studio per soggiorni all’estero. L’annuncio è stato dato l’altro ieri da Androulla Vassiliou, Commissario UE per l’istruzione e la cultura. Il nuovo progetto si chiama Erasmus+.

     Il budget di quindici miliardi di euro (con un aumento del 43% rispetto a quanto stanziato nel settennio 2007-2013, sembra incredibile per il nostro Paese!) per i prossimi sette anni permetterà viaggi di studio all’estero a circa quattro milioni di studenti. Non pochi se si considera che negli ultimi venticinque anni hanno usufruito di viaggi studio circa tre milioni di giovani. 

     Erasmus è il programma più conosciuto e apprezzato della Commissione Europea e ingloberà tutti gli altri del settore dell’educazione e dell’istruzione. Consente agli studenti universitari di migliorare le conoscenze linguistiche e sviluppare fondamentali competenze trasversali sulle quali si lavora fin dalla scuola secondaria: senso del dovere e autocontrollo, rispetto del sapere e del lavoro altrui, partecipazione a lavori di equipe, capacità di organizzare, eseguire e valutare la corrispondenza del proprio lavoro alle richieste, migliorare le proprie capacità critiche e il proprio spirito di iniziativa.

Anche nei corsi di laurea scientifici, un periodo di formazione all’estero è importantissimo. 

Per saperne di più: La Sapienza di Roma ; http://ec.europa.eu/education/erasmus-for-all/index_en.htm