La “vita senz’aria”: breve excursus storico

fermentation_products-278x300     Fu questo il nome che Louis Pasteur diede al fenomeno della fermentazione quando la scoprì. Sì, perché è stato proprio Pasteur a scoprire il meccanismo metabolico fondamentale degli organismi anaerobi e tra le tante altre cose, nel 1881, introdusse il termine “microbiologia”. Eppure l’uomo, senza conoscerne i meccanismi molecolari,  sfruttava questo processo già da qualche millennio, per la produzione di vino, aceto e formaggi. Con Pasteur, lo studio della fermentazione era affiancato dal dibattito sulla generazione spontanea dei microrganismi e della vita. Per spiegare il fenomeno della fermentazione, durante il 1800, vennero seguite due vie: quella chimica e quella biologica basata sullo studio degli organismi associati alla putrefazione della materia organica.

Il primo alfiere della “teoria biologica” della fermentazione fu Cagniard De Latour che nel 1837 individuò e descrisse le cellule di lievito che si moltiplicavano per gemmazione. Questo fatto lo indusse a ritenere che la fermentazione era causata da un fenomeno “vegetativo”, a causa della formazione delle gemme. Intanto Theodor Schwann, che aveva già proposto la “teoria cellulare” insieme a Schleiden (la cellula come unità strutturale e funzionale dei viventi), si era dedicato allo studio della fermentazione e dopo aver scoperto vari germi della putrefazione degli organismi morti, giunse alla stessa conclusione di De Latour: la fermentazione e solo un fatto fisiologico indotto da microrganismi. Sempre nello stesso anno, vennero pubblicati i risultati delle osservazioni microscopiche di Friedrich Kützing che diedero un’ulteriore conferma alla teoria biologica. Gli alfieri della teoria chimica invece, che si contrapponeva anche ferocemente alle conclusioni dei biologi, furono Berzelius  (chimico svedese che scoprì il silicio, il torio, il vanadio, il cerio e lo zirconio, oltre a proporre la classificazione degli elementi in metalli e metalloidi), Justus Von Liebig (famoso soprattutto per il suo metodo di preparazione degli estratti di carne e per la legge che porta il suo nome, relativa al fattore limitante della crescita dei vegetali)  e Friedrich Wöhler (scoprì alluminio, ittrio e boro e, soprattutto, fu il primo a sintetizzare un composto organico in laboratorio: l’urea) secondo i quali la fermentazione era una semplice conversione di una sostanza chimica (lo zucchero) in altre (alcool e diossido di carbonio).

Ci furono diverse polemiche e la situazione si chiarì solo con Pasteur che, negli anni a cavallo del 1860, studiò la fermentazione soprattutto in relazione ai problemi concreti della produzione di vino e aceto. Durante i suoi studi riuscì a far sviluppare in ambiente privo di azoto i fermenti alcolici, quelli lattici e quelli responsabili della fermentazione butirrica. Analizzando il comportamento di questi microrganismi con e senza aria, Pasteur concluse che vivevano in assenza di ossigeno. Da qui il nome di “vita senza aria” dato alla fermentazione. Altri studiosi osservarono che durante la formazione dell’aceto si sviluppava la “madre dell’aceto”, una sottile pellicola costituita da microrganismi cui venne dato il nome di Mycoderma aceti. Quando Pasteur utilizzò il Mycoderma per produrre aceto, lo fece anche in una soluzione costituita da alcool, ammoniaca e sali minerali scoprendo che otteneva aceto solo se questi funghi erano a contatto con l’aria. La fermentazione quindi non riguardava solo la “vita senza aria”. Oggi sappiamo che consiste in un insieme di processi biochimici determinati sui composti organici da microrganismi e dagli enzimi che producono. I microrganismi sono soprattutto muffe, lieviti e batteri. Abbiamo vari tipi di fermentazione che prendono il nome dall’acido che si ottiene come prodotto finale: fermentazione alcolica, lattica, acetica, citrica, butirrica, propionica ecc. Un’importanza particolare rivestono le fermentazioni utilizzate dalle aziende farmaceutiche per produrre antibiotici e altri tipi di farmaci. Ma qui entreremmo in un settore specifico che non possiamo affrontare nel nostro corso di studi di istituto superiore. Invece possiamo ricordare un aspetto importantissimo della fermentazione: la quantità di energia che produce in rapporto alla respirazione cellulare. Nella respirazione cellulare, che avviene nei cloroplasti delle cellule, da ogni molecola di glucosio si ottengono complessivamente 36 o 38 molecole di ATP (se la cellula è adeguatamente rifornita di ossigeno!). Nella fermentazione i microrganismi possono produrre energia in assenza di ossigeno, però quest’energia viene generata solo mediante la glicolisi e il suo rendimento netto è di 2 molecole di ATP, molto inferiore a quello della respirazione. La fermentazione quindi può soddisfare le modeste esigenze energetiche solo di alcuni microrganismi. Consideriamo poi che, mentre molti procarioti sono anaerobi obbligati cioè costretti a vivere in assenza di ossigeno e a ricavare energia solo dalla fermentazione, altri batteri e i lieviti sono anaerobi facoltativi perché oltre a poter utilizzare la fermentazione in assenza o carenza di ossigeno, possono produrre ATP anche in presenza di ossigeno tramite la fosforilazione ossidativa, la terza tappa della respirazione cellulare, dopo glicolisi e ciclo di Krebs. In un periodo in cui si registra un crescente e smodato consumo di materia ed energia in molti Paesi ricchi o in via di sviluppo, qualche riflessione sui modestissimi bisogni energetici di alcuni viventi può aiutarci a ritrovare il senso della misura, a ridurre gli sprechi e a ritornare verso consumi più contenuti ed ecocompatibili.

Parte iniziale della tesina di Mario Mele sulla fermentazione alcolica

http://video.google.com/videoplay?docid=-6693991507149333310#

L’immagine sui vari prodotti della fermentazione è tratta da:

textbookofbacteriology.net/…/Effects.html

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