Radicali e radicali liberi

Nelle reazioni chimiche, in particolare nelle reazioni a catena, cioè reazioni nelle quali due o più stadi si ripetono ciclicamente, spesso all’inizio è necessario un intervento esterno, un fattore che inneschi la reazione. I fattori che innescano le reazioni possono essere di diverso tipo: l’azione della luce o di altre radiazioni elettromagnetiche come i raggi UV, urti con molecole particolarmente reattive, l’azione della pressione elevata, l’azione del calore, soprattutto di temperature elevate. RAI Scuola: Radicali liberi.

Il compito di questi fattori esterni è quello di determinare la formazione di specie chimiche (atomi liberi e radicali liberi) altamente reattivi.

Gli atomi liberi contengono uno o più elettroni spaiati sugli orbitali esterni, ad esempio la molecola biatomica di bromo (Br2) per effetto dell’azione della luce o a causa di urti violenti con altre molecole, si scinde in due atomi liberi di bromo: Br2 → 2Br . , il puntino in alto a destra del simboli dei due atomi ricorda che in ciascun atomo di bromo è presente un elettrone spaiato. La struttura di Lewis dell’atomo di bromo evidenzia che l’atomo è contornato da sette elettroni, sei appaiati in tre coppie e uno spaiato che rende l’atomo di bromo fortemente reattivo. Lo stesso si può dire degli altri elementi del gruppo 17: fluoro, cloro, iodio e astato.

I radicali liberi sono invece raggruppamenti di atomi contenenti uno o più elettroni spaiati. Sono radicali liberi, ad esempio, il metile .CH3, l’etile .CH2CH3, il propile .CH2CH2CH3, che derivano rispettivamente dal metano, dall’etano e dal propano (tutti alcani) per effetto dell’azione di fattori esterni.

Altro esempio: l’alogenazione degli alcani avviene con una reazione a catena che inizia con la formazione di atomi liberi (ad esempio di cloro Cl. ) a causa di temperature elevate o raggi ultravioletti. Poi prosegue quando gli atomi liberi di cloro colpiscono le molecole dell’alcano (ad esempio l’etano C2H6) che diventa un radicale libero (.CH2CH3) e la reazione procede e si propaga fino alla sua chiusura, che può avvenire perché si riducono gli urti, si abbassa la temperatura o per altre cause.

Sono radicali liberi anche tutti gli atomi singoli che formano le molecole biatomiche di elementi; H2, O2, N2, F2, Cl2, Br2, I2. Perciò in natura non sono presenti stabilmente come atomi singoli ma come molecole biatomiche.

Da alcuni decenni c’è un interesse particolare per i radicali liberi e i prodotti reattivi dell’ossigeno che vengono formati in piccola percentuale ma continuamente durante il metabolismo cellulare, in particolare durante la respirazione cellulare che avviene nei mitocondri di tutte le cellule aerobie in cui si ha: C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O + energia. I motivi di quest’interesse riguardano il ruolo di queste sostanze nell’invecchiamento cellulare, la longevità delle persone e il mantenimento di un buono stato di salute. I danni causati dall’ossigeno riguardano i prodotti secondari che si formano nell’insieme di processi metabolici che rendono possibile la vita.

L’ossigeno perciò, oltre ad essere fondamentale per la vita di tutti gli organismi aerobi, ha una sua tossicità che riguarda i suoi radicali liberi e gli altri prodotti reattivi.

L’atomo di ossigeno infatti per raggiungere la stabilità, quindi la configurazione elettronica esterna dell’ottetto, ha bisogno di ricevere o condividere due elettroni con altri atomi. Se invece all’atomo di ossigeno si trasferisce un solo elettrone, si producono:

– l’anione superossido O2 formato dall’aggiunta di un elettrone all’ossigeno molecolare biatomico;

– il perossido di idrogeno H2O2 o acqua ossigenata;

– il radicale ossidrile o idrossilico OH;

– l’ossigeno singoletto, che non è un radicale libero perché non possiede elettroni spaiati: 1O2.

La produzione di queste sostanze nel corpo umano, ma anche negli altri viventi, è fisiologica, però può essere accelerata da vari fattori: sostanze inquinanti, fumo, farmaci, sostanze stupefacenti, additivi chimici messi negli alimenti e nelle bevande, raggi UV e radiazioni ionizzanti. Agorà Scienze Biomediche:

Deossigenazione degli oceani

deossigenaz-acque     Alcuni gruppi di ricerca, tra i tanti problemi ambientali, hanno focalizzato la loro attenzione sulla perdita di ossigeno disciolto nelle acque marine (deossigenazione degli oceani). In particolare, alla COP 25 che si è tenuta lo scorso dicembre a Madrid, la IUNC (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ha presentato un ampio rapporto sull’argomento: Ocean deoxygenation: Everyone’s problem”.

     Come per altri problemi, anche in questo caso emerge la necessità di intervenire per arrestare questo processo di perdita di ossigeno nelle acque marine che ha determinato una maggiore acidificazione delle acque e la diffusione di “zone morte”, senza vita.

     Al rapporto hanno contribuito 67 ricercatori di 17 Paesi. Il problema della carenza di ossigeno nelle acque è correlato alle cause dei cambiamenti climatici, cause antropiche quindi.

     Dal rapporto emerge che negli anni ’50 del secolo scorso la riduzione di ossigeno disciolto nelle acque era del 2% ma, dieci anni dopo le aree coinvolte in questa deossigenazione si sono più che quadruplicate, sono stati individuati 45 siti. Nel 2011 i siti oceanici/marini censiti con carenza di ossigeno erano diventati 700 e la causa principale di questa deossigenazione, il rapporto l’attribuisce all’aumento della temperatura globale del Pianeta.

solibilità ossigeno     D’altra parte è ben noto che la solubilità dei gas (al contrario dei solidi) in acqua diminuisce con l’aumento della temperatura dell’acqua stessa. Le acque più ricche di ossigeno disciolto sono quelle fredde, nelle zone polari, o quelle che costituiscono le correnti oceaniche fredde. Altri fattori che influenzano la quantità di ossigeno disciolto in acqua sono: la pressione, la salinità, la presenza di sostanze riducenti, la presenza di sostanze organiche biodegradabili e l’attività fotosintetica degli organismi.

     Negli oceani, oltre alle correnti superficiali, sono numerose anche quelle verticali che determinano un rimescolamento delle acque. Questa deossigenazione quindi si trasmette anche alle acque più profonde e prosegue senza sosta in quelle superficiali. Un altro motivo per intervenire senza indugio sulle cause dei cambiamenti climatici in atto.

     Sono molte le specie marine sensibili alla diminuzione di ossigeno disciolto nelle acque e il problema si trasmette a tutta la rete alimentare che coinvolge queste specie. Inoltre, secondo altre ricerche, l’attuale deossigenazione degli oceani è già in grado di influire sul ciclo planetario di elementi indispensabili alla vita, soprattutto azoto e fosforo.

     Tra le zone più colpite dal fenomeno della deossigenazione c’è una vasta area del Golfo del Messico, oltre 20.000 km2, che da alcuni decenni risente dei deflussi superficiali e profondi degli allevamenti e dell’agricoltura intensiva degli Stati meridionali degli USA. Crediti: IUCN; Rapporto “Ocean deoxygenation: Everyone’s problem”. Deossigenazione-oceani-info

Forme allotropiche del carbonio

Forme-allotropiche-del-C

Cos’è l’allotropia? È un fenomeno che può riguardare sia i singoli elementi sia le molecole che possono presentarsi in due o più forme diverse tra loro. Queste diverse forme possono differire per le proprietà chimiche e fisiche e per la loro struttura cristallina.

Faccio qualche esempio. L’ossigeno nella sua forma molecolare esiste in due forme allotropiche: l’ozono (O3) e l’ossigeno biatomico (O2); il primo è un gas velenoso, bluastro, di odore acre che nella parte superiore della nostra atmosfera forma una fascia di protezione che assorbe le radiazioni ultraviolette dannose per noi e gli altri esseri viventi; il secondo è quello che stiamo respirando anche in questo momento e costituisce circa il 21% della composizione dell’atmosfera.

Lo zolfo esiste in varie forme allotropiche, generalmente costituite da molecole a otto atomi (S8) uniti da legami covalenti. Lo zolfo più stabile è quello che cristallizza nella forma rombica, quando invece viene fuso, l’anello a 8 atomi si rompe e si forma una catena lineare a 8 atomi che, per raffreddamento, può cristallizzare nella forma monoclina.

Ma le forme allotropiche più famose e studiate negli ultimi decenni sono quelle del carbonio. Quest’elemento con i suoi legami covalenti costituisce le “scheletro” delle biomolecole (carboidrati, lipidi, proteine, acidi nucleici). Il carbonio in natura si trova in quattro forme allotropiche. In condizioni particolari di temperatura e pressione, all’interno della crosta terrestre, il carbonio può cristallizzare in diamante con una struttura tetraedrica, il minerale più duro che si conosca (10° grado della scala di Mohs). Nel diamante ogni atomo di carbonio è legato fortemente ad altri quattro. In condizioni fisiche diverse invece, ciascun atomo di carbonio si può legare ad altri tre con forze decisamente più deboli e formare strutture planari: il grafene, costituente  della comune grafite. La terza forma allotropica di quest’elemento, scoperta negli anni ’80 del secolo scorso, è il fullerene (vedi post). Nel fullerene ciascun atomo è unito ad altri tre in una struttura icosaedrica (in poche parole ha la forma di un pallone da calcio) costituita da un reticolo di 60 atomi (C60) uniti a formare complessivamente 20 facce esagonali alternate a 12 facce pentagonali. L’ultima forma scoperta è stata quella dei nanotubi di carbonio. Sono strutture cilindriche del diametro di circa un nanometro (un miliardesimo di metro, 10-9m) che possono essere immaginate costituite da un foglio di grafene avvolto a tubo. Grafene, fullerene e nanotubi sono tra le forme più studiate a livello microscopico per la realizzazione di nuovi materiali, conduttori e non.

Immagine tratta da Asimmetrie-Infn, rivista trimestrale dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, uno dei più prestigiosi centri internazionali di ricerca.

 

Gli elementi del VI gruppo

VI GRUPPOSiamo nel gruppo dell’ossigeno. Possiamo chiamarlo così perché questo elemento è quello più importante del VI gruppo ed è fondamentale nella composizione dei viventi, della litosfera, dell’idrosfera e dell’atmosfera del nostro pianeta. Forma il 25% della massa del nostro corpo, sia perché è un componente dell’acqua sia perché entra nella composizione di tutte le biomolecole: carboidrati, lipidi, proteine e acidi nucleici. Si tratta anche di un elemento essenziale nei due processi chimici più importanti del nostro pianeta: la respirazione cellulare e la fotosintesi. La prima consiste in un insieme di reazioni che avvengono in tutte le cellule animali e vegetali e che decompongono il glucosio in CO2 e acqua consumando ossigeno e liberando energia sotto forma di molecole di ATP e calore. La seconda invece riguarda un complesso di reazioni che, avvenendo in piante, alghe, alcuni protisti e batteri, convertono l’energia luminosa in energia chimica contenuta nei legami degli atomi delle molecole di glucosio e liberano ossigeno molecolare. Oltre all’ossigeno, fanno parte del VI gruppo anche  zolfo, selenio, tellurio e polonio. Si tratta di non metalli. Con l’idrogeno formano composti di formula generale XH2.

La caratteristica comune a tutti questi elementi è la configurazione elettronica esterna s2p4 perciò, per raggiungere la stabilità con l’ottetto elettronico esterno, tendono a condividere o acquistare due elettroni. In genere nei composti formano legami covalenti e a questo scopo utilizzano sia i due orbitali p con l’elettrone singolo, sia l’altro orbitale p con il doppietto per formare anche legami dativi.

Data la sua importanza, approfondiamo un po’ il discorso sull’ossigeno. Allo stato atomico, sul nostro pianeta, questo elemento non esiste se non per frazioni di secondo. Quando si ottiene, dalle reazioni chimiche o dalle scariche elettriche dei fulmini in atmosfera, immediatamente si trasforma in ossigeno molecolare O2. Poiché ciascun atomo di ossigeno ha 6 elettroni esterni, la molecola biatomica O2 per raggiungere l’ottetto presenta un doppio legame: 4 elettroni equamente condivisi che formano una molecola apolare. Si tratta di un gas solubile in acqua e nei liquidi corporei. Il fatto che sia disciolto in acqua lo rende utilizzabile dai vertebrati e invertebrati acquatici grazie alle branchie, anche se la quantità di O2 disponibile in acqua è solo il 4-5% di quella disponibile nell’aria. La solubilità dell’ossigeno nel nostro sangue aumento di molto rispetto all’acqua per la presenza dell’emoglobina che lo lega.

In tutti gli ambienti l’ossigeno è un forte ossidante perciò ha un elevato potere corrosivo su molti metalli. In effetti è fin dalla preistoria che l’uomo combatte contro la corrosione dei suoi attrezzi o manufatti in ferro. Generalmente le reazioni principali in cui interviene l’ossigeno sono soprattutto di ossido-riduzione (o redox) e combustione. Nelle reazioni di ossido-riduzione una specie chimica trasferisce elettroni ad un’altra specie chimica. Naturalmente il numero di elettroni ceduti deve essere sempre uguale al numero di elettroni acquistati. In generale si dice che : una specie chimica si ossida se cede elettroni, si riduce se ne acquista.  Il termine ossidazione deriva proprio dal nome dell’ossigeno. Le reazioni di combustione fanno parte delle reazioni redox esotermiche e sono quelle reazioni in cui l’agente ossidante è l’ossigeno atmosferico. A questo punto ci fermiamo: non trattiamo né le reazioni con l’ossigeno né i composti dell’ossigeno, argomenti troppo vasti per un post.

Mi piace concludere quest’accenno all’ossigeno con le parole di Peter Atkins, professore al Lincoln College di Oxford e divulgatore scientifico, che nel suo “Il regno periodico” scrive: “ … Invece la costa nord-orientale è tutt’altro che inutile: qui c’è l’ossigeno, il messaggero quasi universale della vita. L’ossigeno è così indispensabile che, quando non ce n’è abbastanza, ce lo dobbiamo procurare: per immergerci nel mare lo stiviamo in bombole; lo abbiamo portato con noi anche sulla Luna; lo pompiamo nel corpo dei malati, per aiutarli a rimanere in vita; lo iniettiamo a tonnellate nei motori, per aiutarli a bruciare il carburante. L’ossigeno è l’essenza della vitalità: se manca non ci possono essere vita animata né movimento deliberato. In questa regione ai confini settentrionali del Regno, a prima vista inconsistente, si nasconde dunque una grande potenza.”

Facciamo un accenno allo zolfo che, in natura, si può trovare allo stato elementare sotto forma di depositi molecole ottoatomiche (S8), in cui gli atomi sono legati tra loro da legami singoli, oppure sotto forma di solfati. La Sicilia ha avuto numerose miniere di zolfo, oggi esistono miniere molto più economiche in varie parti del mondo. I composti dello zolfo sono numerosi: l’idrogeno solforato (H2S), l’anidride solforosa (SO2), l’anidride solforica (SO3), l’acido solforico (H2SO4), il gesso (CaSO4), il solfato di rame (CuSO4), quello di ammonio (NH4)2SO4 utilizzato molto nei fertilizzanti azotati.

Primo Levi, già citato a proposito degli elementi del V gruppo, dedica anche allo zolfo uno del capitoli del “Sistema periodico”: “… In piedi, Lanza: siamo arrivati a 180°, bisogna sbullonare il boccaporto e buttare dentro il B 41; che è poi proprio una gran buffonata dover continuare a chiamarlo B 41 quando tutta la fabbrica sa che è zolfo, e in tempo di guerra, quando tutto mancava, parecchi se lo portavano a casa e lo vendevano in borsa nera ai contadini che lo spargevano sulle viti. Ma insomma il dottore è dottore e bisogna accontentarlo….”

CARATTERISTICHE DELLA MOLECOLA D’ACQUA

 

La molecola d’acqua (H2O) è costituita da due tipi di atomi (idrogeno e ossigeno) che hanno diversa elettronegatività: O = 3,5 e H = 2,1; quindi hanno una diversa forza di attrazione sugli elettroni condivisi nella formazione dei legami chimici.

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