Spillover

Fasi dello spillover

A distanza di due anni si sono ridimensionate le polemiche sull’origine del virus Sars-Cov-2. Anche se non è stata fatta del tutto chiarezza, ormai appare molto probabile che l’origine del coronavirus responsabile di questa pandemia che persiste è lo spillover da una specie animale (probabilmente dal pipistrello) a quella umana. Letteralmente “spillover” significa “traboccamento” e indica proprio il salto di specie che avviene quando una malattia passa da un animale all’uomo. Questo processo avviene attraverso tre fasi: contatto, infezione, trasmissione. La possibilità della “fuga” del coronavirus dal laboratorio biologico di Wuhan o di altre zone della Cina, ormai è sostenuta solo dai complottisti o, per motivi ideologici e/o economici, da alcuni di coloro che sono contro l’espansione geopolitica, militare ed economica di quel vasto e popoloso Paese.

L’ipotesi dello spillover del coronavirus all’uomo da altre specie animali è supportata dalla diffusa pratica nei mercati cinesi di vendere animali vivi o da macellare sul momento. La stretta vicinanza dell’uomo con molte specie animali, con scarsa igiene e scarsi dispositivi di sicurezza è un’ottima occasione per i virus per attuare il salto di specie. D’altra parte lo fanno da quasi quattro miliardi di anni, da quando è comparsa la vita sulla Terra. Sono specialisti mondiali dello spillover: nessuno li batte in questo gioco.

Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), Ente sanitario di controllo, ricerca e servizi per la salute animale e la sicurezza alimentare.

Telmo Pievani, scrittore di successo, filosofo della Scienza e biologo evoluzionista, direttore anche del sito Pikaia, in suo articolo di qualche anno fa su “La Scienze” di aprile 2020 scriveva: “… I virus si erano quasi annoiati di infettare solo microbi per miliardi di anni, quando finalmente arrivò una manna dal cielo: gli organismi pluricellulari, un intero zoo di creature da sfruttare come mezzi di diffusione. Così, per 600 milioni di anni, i virus fecero ammalare e morire (ma non subito, perché prima devono contagiare altri) le piante e gli animali. Continuarono insomma a fare il loro elementare, terribile mestiere.” Poi Pievani continua con la sua fiaba evoluzionistica “E si chiamavano sapiens” : “… Ma a lungo andare i virus si stavano annoiando anche di questo gioco, in cui alla fine vincevano sempre loro. Fu così che il cielo mandò loro una seconda manna: un primate africano di grossa taglia, che in poche decine di migliaia di anni si diffuse su tutto il pianeta, si moltiplicò fino a sette miliardi e mezzo di individui, costruì metropoli, navi, treni, aerei, e inventò la povertà e la diseguaglianza. Era l’ospite perfetto a cui chiedere un passaggio! I virus ringraziarono e ricominciarono di gran lena i loro traffici. … I virus entusiasti, fecero un bel po’ di spillover, cioè salti di specie, diventando spesso più cattivi e contagiosi, Era già successo con la rabbia, con l’AIDS, con Ebola, Marburg, febbre gialla, influenze aviaria e suina, SARS e molti altri. Certi umani, detti scienziati, lo avevano previsto, era scritto sui libri di testo: si chiama zoonosi. Ma non servì a nulla. Successe ancora. Succederà. Perché c’è il solito miope tran tran da mandare avanti.

I virus si fecero una gran risata quando seppero che quel borioso mammifero bipede aveva avuto la presunzione di chiamarsi Homo sapiens.”

Università di Padova, Telmo Pievani e l’evoluzione dei virus sul nostro pianeta

Sullo spillover, dieci anni fa, nel 2011 uscì anche il film “Contagion”, diretto da Steven Soderbergh, con protagonisti Matt Damon, Kate Winslet, Jude Law, Marion Cotillard e Gwyneth Paltrow. A parte gli effetti cinematografici catastrofici, il film ha molte analogie con quanto è capitato col Sars-Covid-2: il contagio si diffonde da un casinò di Hong Kong in Cina e i sintomi vengono scambiati per una banale influenza, non solo, si scopre che proviene da un pipistrello! Anche nel film, abbondano le teorie “complottiste”.

Lo scrittore e divulgatore statunitense David Quammen, nel 2012, ha pubblicato un monumentale e fortunato saggio: “Spillover. L’evoluzione delle pandemie” che racconta le esperienze personali dell’autore con interviste a decine di virologi e patologi di varie parti del mondo. Viene spiegato come un patogeno degli animali può evolversi e, effettuando un naturale salto di specie (spillover), diventa capace di infettare, riprodursi e trasmettersi all’interno della specie umana.

Meglio cercare di prepararsi al prossimo spillover: i virus si sono allenati a questo “ruolo” per 4 miliardi di anni e non smetteranno certo con quest’ultima pandemia. Quindi non ha senso chiedersi se, ma quando ci sarà il prossimo spillover. C’è bisogno di più attenzione e fiducia nella Scienza, ignorando chi, privo di competenze specifiche, parla e scrive su internet e sugli altri media solo perché ha aria nei polmoni.

Marco Cattaneo, direttore della rivista “Le Scienze”, per il National Geografic intervista David Quammen, l’autore del libro “Spillover. L’evoluzione delle pandemie”.

Tatuaggi, inchiostri e sicurezza

Il problema dei tatuaggi e dei piercing incomincia a presentarsi già nei giovani studenti degli istituti secondari di secondo grado. I piercing sono più frequenti nei giovani, ma alcuni pensano che negli anni successivi faranno anche qualche tatuaggio.

I tatuaggi sono pratiche molto antiche e diffuse anche adesso, in certe popolazioni tribali. Lo scopo era ed è principalmente quello di abbellimento, protezione dagli spiriti maligni, dalle malattie o dai rischi di morte e ferite in battaglia. Tra i popoli più famosi per i tatuaggi, ci sono i Maori della Nuova Zelanda e le popolazioni di alcune isole indonesiane e polinesiane, come i Mentawai dell’isola di Siberut o i popoli della Papua Nuova Guinea. Ma tatuaggi di abbellimento facciale sono utilizzati anche da alcune popolazioni berbere del Nordafrica, o in Sahel, oppure in india.

Durante l’esecuzione del tatuaggio vengono iniettati pigmenti di vari colori negli strati più profondi del derma. Il derma è lo strato inferiore della pelle, si trova sotto l’epidermide, lo strato più esterno. Il derma è costituito da tessuto connettivo, ricco di collagene ed elastina (alcune fibre proteiche): le fibre collagene sono responsabili della robustezza del derma e mantengono idratata la pelle; le fibre di elastina, più abbondanti nel periodo giovanile, danno elasticità alla cute.

Il derma, contrariamente all’epidermide, è riccamente vascolarizzato e contiene recettori sensoriali, terminazioni nervose, ghiandole sudoripare, ghiandole sebacee, follicoli piliferi. I pigmenti contenuti negli inchiostri iniettati durante l’esecuzione del tatuaggio vengono proprio a contatto con tutte queste strutture. Una parte dei pigmenti però si perde con il sanguinamento provocato dagli aghi durante l’iniezione, un’altra parte significativa viene raccolta dal sistema linfatico che riceve anche la linfa che fuoriesce dai capillari sanguigni e tutto, poi, ritorna nel sistema cardiocircolatorio, perché il dotto toracico (grosso vaso linfatico che risale lungo la colonna vertebrale) riversa questa linfa e l’eventuale inchiostro raccolto nella vena succlavia, una grossa vena della spalla sinistra. I pigmenti degli inchiostri perciò si aggiungono alle altre sostanze naturali (ad esempio l’urea, CH4N2O ) che vengono smaltite dai reni e convogliate nell’urina.

Una parte dei coloranti che rimane nel derma, subisce l’azione distruttiva dei raggi ultravioletti contenuti nella luce solare e questo provoca un graduale sbiadimento nel tempo dei colori del tatuaggio.

L’iniezione nel derma profondo delle sostanze chimiche degli inchiostri può avere conseguenze anche serie perché sono sostanze potenzialmente pericolose con le quali si convive per sempre, senza conoscerne gli effetti a medio o lungo termine.

Pur essendo una pratica molto diffusa, quello dei tatuaggi non è un settore regolato rigidamente rispetto alle potenziali gravi conseguenze. Dalle pubblicazioni scientifiche sull’argomento, risulta che questi inchiostri sono meno controllati degli alimenti e dei cosmetici.

L’Unione Europea, tramite la sua Commissione, col suo approccio cauto quando si tratta di salute pubblica, nel 2015 ha affidato all’Agenzia Europea per le sostanze chimiche (ECHA) l’incarico di valutare i rischi per la salute delle varie sostanze contenute negli inchiostri utilizzati per i tatuaggi. Questo per regolamentare meglio un settore ben poco regolamentato nei vari Paesi UE. Il risultato dell’ECHA è stato sintetizzato in un centinaio di pagine, ricche di tabelle, di non facile decifrazione per i non esperti. Queste tabelle rappresentano una proposta di restrizione nell’uso degli inchiostri per tatuaggi.

Sicuramente si va ad impattare su un settore economico diffuso e in crescita, ma come già succede per i prodotti cosmetici, a maggior ragione devono essere vietate tutte quelle sostanze classificate come tossiche, cancerogene e mutagene, anche per gli organi e le cellule riproduttive. Il rapporto dell’ECHA chiede la modifica di una percentuale di inchiostri che va dal 30% al 70%, in cui sono contenute circa 4000 sostanze chimiche che andrebbero eliminate o ridotte nella quantità.

Che si tratti di una giungla di prodotti si può verificare dalla notevole quantità di inchiostri disponibili per l’acquisto su internet, senza alcun controllo.

Gli inchiostri sono composti da due componenti principali: il veicolo e i pigmenti. Il veicolo generalmente è a base di acqua, etanolo (CH3CH2OH), glicole propilenico (C3H8O2), glicerolo (C3H8O3). Se poi sono utilizzate anche formaldeide (CH2O) e metanolo (CH3OH), la cui tossicità è accertata da molti anni, allora i prodotti sono decisamente da evitare. A seconda del colore, varia la composizione chimica dell’inchiostro. I pigmenti sono quelli che conferiscono all’inchiostro il colore desiderato e, generalmente sono prodotti industriali di sintesi. In passato si ricavavano trattando alcuni minerali. Tra gli elementi chimici più utilizzati nei pigmenti ci sono titanio, alluminio, ossigeno e carbonio. Un minimo di buonsenso suggerirebbe al legislatore di vietare per gli inchiostri tutte le sostanze vietate per l’uso nei cosmetici: se una sostanza fa male cosparsa sulla pelle, a maggior ragione è dannosa se iniettata all’interno del derma.

Una ricerca effettuata dall’Istituto Federale tedesco per la valutazione dei rischi (ESRF), pubblicata su Scientific Reports, ha concluso che le particelle degli inchiostri, liberate gradualmente, viaggiano nel sangue e si posizionano nei linfonodi. Tra queste particelle spiccano conservanti e vari metalli: nichel, cromo, manganese, cobalto, nero del carbonio, biossido di titanio (TiO2). Ce n’è abbastanza per valutare con molta attenzione i possibili rischi collegati alla scelta di farsi tatuare, anche se ciò avviene (si spera!) in condizioni di massima igiene.

Da un’indagine svolta dall’Istituto Superiore di Sanità (IIS), in Italia nel 2015 c’erano 6,9 milioni di persone tatuate, il cui scopo prevalente era: abbellimento, ornamento e decorazione del corpo. Mentre la maggioranza delle persone tatuate si sono dichiarate soddisfatte, il 17,2% ha dichiarato che intende rimuoverlo. Ma la rimozione ha dei costi e negli anni scorsi era dolorosa, difficile e rischiosa. Oggi i rischi e il dolore, con le tecniche laser, si sono ridotti e il risultato può essere più o meno soddisfacente in base alla competenza dei tecnici degli studi che la eseguono. Per approfondire: Istituto Superiore di Sanità. Video sky tg24.