Abbondanza degli elementi chimici nell’Universo visibile

     Tralasciando la materia oscura di cui si sa ben poco, altrimenti non sarebbe più definita “oscura”, diversi gruppi di studio hanno fatto una stima, supportata da numerosi calcoli, dell’abbondanza dei vari elementi chimici che costituiscono la materia “ordinaria” dell’Universo, cioè la materia “barionica” formata da protoni, neutroni ed elettroni. Questa materia costituirebbe solo una piccola parte dell’Universo conosciuto. I dati sui quali concorda la maggior parte degli studiosi, che si possono reperire nelle pubblicazioni cartacee e in quelle digitali riguardano anche la Via Lattea, la nostra Galassia.

     Nella tabella e nell’areogramma ci sono i dieci elementi più comuni dell’Universo visibile e della Via Lattea misurati in in % in massa (Dati ricavati da: Ken Croswell, Alchemy of the Heavens, 1996, riferiti alla nostra Galassia; Focus Scienza, luglio 2012, riferiti all’Universo). Rispetto all’idrogeno e all’elio, tutti gli altri elementi messi insieme, arrivano al 2% circa, perciò quasi invisibili sull’areogramma.

     L’origine di questi primi dieci elementi risale a periodi diversi della storia dell’Universo, datata quindici miliardi di anni. Il primo elemento a formarsi dal “nulla” o meglio dal Big Bang che diede origine allo spazio-tempo, fu l’idrogeno 15 miliardi di anni fa. Poco dopo, negli scontri tumultuosi fra gli atomi di idrogeno originati in questo enorme cataclisma, iniziò a formarsi l’elio. Per alcuni (?) successivi milioni di anni l’Universo fu dominato da forme di energia conosciute e sconosciute, da materia oscura e da questi due elementi chimici. Solo dopo la formazione delle stelle e delle galassie si formarono gli altri elementi e, gradualmente, a mano a mano che le stelle si evolvevano fino alla loro “morte”, si formarono gli altri elementi chimici e cambiò il rapporto tra la quantità di idrogeno che diminuì fino ai valori attuali e quella di elio che aumentò fino ad arrivare ad un quarto circa del totale della materia barionica.

Vedi anche Tavola Periodica e origine degli elementi chimici, con i relativi link.

Un nuovo minerale: Hemleyite

     Alle centinaia di minerali che compongono le rocce del nostro Pianeta, da qualche mese se n’è aggiunto un altro: la hemleyite. I minerali sono sostanze naturali di composizione chimica definita che si possono trovare in giacimenti più o meno grandi. La composizione chimica dei minerali non è perfettamente costante, ma comunque può essere descritta con una formula chimica, soprattutto nei minerali più puri.

     Usando la tecnica della diffrazione a raggi X per analizzare la struttura chimica dei minerali contenuti in un meteorite caduto in Cina nel 1986, Luca Bindi (lo stesso dei “quasicristalli”, premiato al Quirinale dal Presidente Mattarella) del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze e alcuni suoi colleghi dell’Accademia Cinese delle Scienze e dell’Istituto di Geochimica del Guangzhou, hanno individuato un minerale mai osservato prima.

     I risultati della ricerca sono stati pubblicati lo scorso 15 febbraio sulla rivista Nature Scientific Reports: http://www.nature.com/articles/srep42674 . Secondo gli studiosi, addirittura il 10% della Terra potrebbe essere composto da questo minerale scoperto solo ora. Perché non è mai stato osservato prima? Potrebbe trovarsi nella zona compresa tra il mantello superiore (che insieme alla crosta forma la litosfera) e quello inferiore le cui alte temperature e pressioni ne favorirebbero la formazione. Ma non ci sono strumenti che permettono di accedere a quelle profondità per portare in superficie quei materiali senza che subiscano modifiche, come accade durante le eruzioni vulcaniche.

La ricerca con la scoperta del nuovo minerale è stata convalidata dalla International Mineralogical Association.

Il gruppo di studiosi ha scelto il nome hemleyite in onore al fisico Russell J. Hemley della George Washington University, che nel 2005 ricevette il premio Balzan per le sue famose ricerche sulle alte pressioni.

Nella foto un meteorite gigante composto da ferro, ritrovato nella Cina di nord-ovest cinque o sei anni fa. Crediti: Link2Universe .

Gas naturale: un ponte verso le fonti energetiche rinnovabili

Anche se la presidenza statunitense di Trump è un’incognita per le strategie energetiche e un pericolo per quelle ambientali dei prossimi 4 anni, la produzione e il consumo globale di gas continuerà a crescere nei prossimi decenni. Almeno queste sono le previsioni dei maggiori esperti del settore energetico. Il petrolio invece dovrebbe andare verso un progressivo calo, sia per l’aumento dei costi dopo gli ultimi anni di calo, sia per le conseguenze delle emissioni sull’ambiente globale a causa del suo consumo. Si avvia verso il declino l’era dell’oro nero e si prospetta quella nuova dell’oro blu. Almeno fino a quando nel mix energetico globale non prevarranno le fonti rinnovabili, una fase prevista per il 2040 circa.

I firmatari della COP21, anche se il nuovo presidente USA nega relazioni tra le emissioni inquinanti e le modifiche globali del clima e ha annunciato il ritiro della firma del suo Paese, si sono assunti diversi e precisi impegni per ridurre gradualmente il consumo di combustibili fossili e le conseguenti emissioni nocive. Bisogna passare da un’economia caratterizzata da elevati consumi e sprechi in una vasta parte del mondo, accompagnata da alte emissioni di carbonio in atmosfera, ad un’economia con consumi più oculati e meno sprechi, con basse o nulle emissioni di CO2 , CO, CH4 e altre molecole che hanno effetto sulla temperatura globale della biosfera.

La Cina, decisamente mal messa sul piano dell’inquinamento delle sue città, sembra aver preso molto seriamente l’impegno di passare a fonti energetiche rinnovabili che, nel mondo, ormai hanno superato il consumo di carbone, il più inquinante dei combustibili fossili. Secondo L’Agenzia Internazionale per l’Energia, in Cina ogni ora vengono costruite mediamente due nuove turbine eoliche: un segnale forte verso l’opinione pubblica interna ed esterna a quell’enorme Paese, con una popolazione che è circa 22 volte quella italiana e un’estensione di 9,5 milioni di Km2, oltre 30 volte quella dell’Italia.

Secondo alcuni, una distesa di pale eoliche non è certo un bello spettacolo, ed è così. Ma ormai molti Stati e l’uomo in generale devono fare i conti con la preservazione della salute attuale e delle future generazioni, la bruttezza di certi impianti può passare in secondo piano.

Però a livello mondiale secondo l’EIA, il Dipartimento dell’Energia statunitense, oggi non più del 10% dell’energia totale proviene da fonti rinnovabili. Anche se è un tipo di energia in crescita costante, per accelerare la riduzione del consumo di carbone e di petrolio, bisogna incrementare quella di gas la cui combustione emette oltre il 50% di CO2 in meno rispetto al carbone e il 20% in meno rispetto a gasolio e benzina. Questo almeno fino a quando le rinnovabili non prenderanno piede in modo deciso nel settore dei trasporti e in quello del riscaldamento domestico.

Sugli scenari ambientali di medio-lungo periodo perciò la presidenza Trump, anche dovesse perseverare nella negazione di relazioni tra i disastri climatici globali e le emissioni inquinanti e nella scelta del carbone come fonte energetica principale, sarà solo una parentesi tra il 44° e il 46° presidente USA, magari brutta per molti e bella per altri, ma pur sempre una parentesi in un discorso energetico vasto e globale.

Per approfondimenti, in Museo Energia, ci sono numerosi articoli sul gas in Italia e in Europa, sui gassificatori, sui consumi di gas in Italia e sulla sua provenienza.

La figura sopra riguarda la rete nazionale dei gasdotti con la segnalazione dei punti di ingresso dell’idrocarburo nel Paese (crediti: SNAM rete gas). I Principali fornitori per l’Italia sono: Algeria, Russia, Paesi Bassi, Libia e Norvegia. Il grafico in basso si riferisce ai maggiori produttori mondiali di gas, costruito con dati elaborati da ENI Spa e pubblicati a dicembre 2016.