La struttura della sede del Museo, a partire dal 1500, era un convento annesso alla chiesa della piazza antistante. Il convento è stato in parte distrutto nella seconda guerra mondiale e poi ricostruito per farne la sede del Museo.
I motori primi sono macchine che sono servite e servono all’uomo per utilizzare e trasformare in lavoro le fonti di energia primaria: acqua, vento, sole, forza muscolare, … La prima macchina osservata serve per sfruttare la forza muscolare dell’uomo: è il timpano. Ha funzionato dall’antichità fino all’avvento della rivoluzione industriale. Quello esposto al museo veniva utilizzato nelle miniere di carbone ed è composto da un’enorme ruota con un sistema di ingranaggi e una catena a cui sono collegate alcune “nocciolone”: le nochie. Assomiglia vagamente alla catena del rosario e perciò è detto “timpano con nochie a rosario”. Come funzionava? All’interno si metteva un uomo che camminava e la forza muscolare delle sue gambe faceva muovere la ruota (un po’ come fanno oggi i criceti nelle gabbiette). Il movimento della ruota si trasmetteva al sistema di ingranaggi fino alla catena che scendeva in un pozzo e schiacciava l’acqua che, per pressione, risaliva dall’altra parte. Generalmente veniva utilizzato per irrigare i campi o per tirare su l’acqua dalle miniere al fine di evitare o ridurre la sua infiltrazione nelle gallerie. Successivamente il timpano venne sostituito dalla macchina a vapore perché la forza sviluppata dal vapore permetteva di raggiungere maggiori profondità rispetto alla forza muscolare umana. Un’altra macchina caratteristica, a volte vista anche nei film western, usava un asino o un bue abbindolato che girava in tondo. Il verbo “abbindolare” significa costringere qualcuno a fare qualcosa che non vuole fare. Una sezione importante è quella delle ruote idrauliche. Servono per lo sfruttamento dell’acqua e se ne possono osservare di tre tipi fondamentali: romana, ritrecina, cinese. Possiamo distinguerle attraverso due elementi: l’asse di rotazione (orizzontale o verticale); la direzione dell’alimentazione (l’acqua che colpisce le ruote può arrivare dall’alto, dal basso o di lato) dalla quale dipende il tipo di pale. Nella ruota romana l’acqua arriva dall’alto contro le pale a cascata e non ha una grande portata. Non viene sfruttato il peso dell’acqua ma la velocità. L’acqua che viene giù è raccolta in un canale mentre la ruota è sopraelevata rispetto al canale. Nel canale l’acqua scorre nel verso opposto rispetto a quello di rotazione della ruota. Nella ritrecina invece, la ruota viene proprio immersa con le pale nel canale ed era utilizzata tipicamente nella pianura Padana dove abbondano i corsi d’acqua ma mancano le cascate, perciò l’alimentazione avviene dal basso. Quella cinese invece viene alimentata di fianco ed è costruita con materiale più leggero: il bambù.
Le turbine idrauliche trasformano l’energia cinetica posseduta da una corrente d’acqua in lavoro meccanico. Si differenziano a seconda del tipo di pale e se ne osservano di tre tipi: Pelton, Francis, Kaplan.
La Pelton viene usata in alta montagna nelle centrali idroelettriche, il suo cucchiaio non serve a contenere l’acqua ma ha uno spigolo molto accentuato. Si usa come la ruota romana, quando sono presenti alti getti d’acqua ma la cascata ha poca portata. Sfrutta il principio della reazione: l’acqua cadendo colpisce e fa muovere la ruota nel verso opposto a quello dell’acqua stessa.
La Francis invece è centripeta, ciò significa che l’acqua arriva dall’esterno e viene convogliata all’interno. Viene usata quando il corso d’acqua ha una portata media e il salto è piccolo.
La Kaplan viene utilizzata quando c’è molta acqua ed è provvista di pale mobili. Esistono poi le pale che sfruttano il vento ma il loro funzionamento è strettamente legato alla presenza del vento stesso.
Macchine a vapore. La prima costruzione di una macchina a vapore c’è stata nel 1600: si può osservare il modello di Giovanni Branca. Poi si vede il modello di una macchina inventata da un fabbro inglese, costituita da un fornetto, la caldaia, un cilindro dove il vapore fa sollevare uno stantuffo che per contrappeso ne fa abbassare un secondo collegato ad un pozzo dove tira su l’acqua. Veniva utilizzata nelle miniere di carbone della Cornovaglia. Il raffreddamento e la conseguente condensazione del vapore lungo le pareti del cilindro permettevano allo stantuffo di tornare indietro non avendo più la spinta del vapore. Per favorire un rapido raffreddamento c’era un sistema di immissione d’acqua fredda intorno al cilindro. Si può osservare il modello della macchina a vapore di Watt (James Prescott Watt, 1736-1819, ingegnere e inventore britannico, autodidatta) che non ne è stato l’inventore ma ha perfezionato una macchina preesistente. Watt lavorava come tecnico nell’Università di Glasgow e riparava macchine a vapore. Gli venne portata una macchina di Newcomb guasta e si accorse che si potevano apportare delle migliorie, dopodiché la sua macchina ha completamente sostituito quella di Newcomb. Con questa macchina Watt ha trasformato il movimento alternato dello stantuffo (su e giù) in movimento continuo della ruota aggiungendo una biella e una manovella collegata alla grande ruota: il volano. Il movimento continuo ha trovato poi una vasta applicazione nelle officine. L’unità di misura della potenza (il watt, simbolo W) nel S. I. è dedicata proprio a questo scienziato. La potenza è il rapporto fra il lavoro compiuto e l’intervallo di tempo impiegato per compierlo (P=L/ΔT), è una grandezza derivata e 1 W = 1J/1s.
Un’altra macchina esposta è del 1840 e proviene da un’officina tedesca per la produzione di birra. Anch’essa, come tante altre applicazioni, è stata possibile grazie all’invenzione del movimento continuo altrimenti l’uso sarebbe stato limitato solo come pompa, soprattutto nelle miniere.
In un seminterrato è esposta una macchina che faceva parte di un laminatoio (officina per la produzione di badili, vanghe, arnesi da scavo e da taglio) in Inghilterra. Nello stesso locale, un modellino mostra le varie fasi della produzione in un’acciaieria Falk. Naturalmente nelle moderne acciaierie gran parte del lavoro è meccanizzato e l’uomo ha un ruolo di manutenzione, controllo della struttura e regolazione del processo, perché incidenti e malfunzionamenti sono sempre possibili, come insegna la tristissima vicenda delle acciaierie Thyssen Krupp in corso Regina Margherita a Torino nel 2008.
Per approfondimenti: http://www.museoscienza.org/
http://it.wikipedia.org/wiki/Motore_a_vapore
http://it.wikipedia.org/wiki/Museo_nazionale_della_scienza_e_della_tecnologia_%22Leonardo_da_Vinci%22
http://it.wikipedia.org/wiki/Turbina_idraulica
http://www.isit100.fe.it/aprogetto/itis/9899/5c/ipertesto/macchineavapore.htm