Extreme, mostra sulle particelle elementari

     Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo Da Vinci” di Milano ha allestito una nuova mostra permanente: Extreme. Una mostra allestita in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e il CERN di Ginevra per avvicinare il grande pubblico al mondo della ricerca delle particelle elementari. Non solo. L’allestimento e i materiali esposti costituiscono anche un valido strumento didattico per integrare l’insegnamento della fisica e della chimica nelle scuole secondarie, facendo “scoprire gli strumenti e il lavoro di chi esplora l’infinitamente piccolo”.

Extreme-MI     Inaugurata lo scorso 12 luglio, la mostra curata da Enrico Miotto rimarrà permanente e permette di dare uno sguardo agli strumenti e alle scoperte delle particelle che formano i mattoni dell’intero Universo.      All’inaugurazione hanno partecipato anche il Ministro dell’Istruzione,     Università e Ricerca Stefania Giannini e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. I riferimenti principali sono gli strumenti, i ricercatori e i progetti dei due Enti che hanno collaborato all’allestimento: CERN e INFN.

Per saperne di più: http://www.museoscienza.org/extreme/

Il breve video di INAF TV: https://www.youtube.com/watch?v=_pEkBHNYqbA , con gli interventi di Enrico Miotto, Fabiola Gianotti (Direttrice Generale del CERN) e Fernando Ferroni (presidente INFN).

Crediti immagine: http://www.museoscienza.org/extreme/

Da EXPO a Human Technopole

     È certamente una buona idea trasformare parte degli spazi utilizzati per l’EXPO di Milano in una cittadella della Scienza, con ricadute sull’occupazione di una parte delle eccellenze scientifiche che continuano a rivolgersi ad altri Paesi dopo la laurea o il dottorato. Ma non tutto è ancora chiaro, alcuni scrivono di debiti ancora da ripianare per chiudere la bella esperienza di EXPO.

     Il Progetto Human Technopole Italia 2040 richiede investimenti di circa 145 milioni di euro l’anno, ancora insufficienti per un’inversione di rotta della ricerca italiana, ma almeno qualcosa si muove in quella direzione. Si prevede di assumere circa 1500 persone tra ricercatori e tecnici di vari ambiti scientifici. Nella stessa area si insedierà anche il polo di ricerca e costruzione della IBM che, la scorsa settimana, ha sottoscritto l’impegno durante il viaggio del Primo Ministro Renzi negli USA.

     Per Human Technopole si prevedono sette centri di ricerca suddivisi in tre macro aree: medical genomics, genomica, agricoltura e nutrizione. Il cuore della ricerca sarà rappresentato dallo studio dei meccanismi delle malattie tumorali e di quelle autoimmuni.

     In un suo intervento, Umberto Veronesi, ex ministro della sanità, alcune settimane fa ha dichiarato che il Polo scientifico che sta per nascere “Si occuperà dei dilemmi scientifici che hanno un peso forte sulla nostra vita quotidiana. Il primo: perché ci ammaliamo e come possiamo evitare di ammalarci. Entriamo qui in un dibattito antico fra coloro che sostengono che la salute è determinata principalmente dai nostri geni e quelli che sono invece convinti che sia dovuta all’ambiente in cui viviamo. Non è certo una questione oziosa, perché nella sua soluzione c’è il destino della medicina. In pratica, dobbiamo imparare a riconoscere quanto della nostra salute è scritto nel DNA e quanto invece viene scritto da noi, con le nostre scelte di vita, il cibo che mangiamo, le esperienze che facciamo.

     Intanto siamo ancora alle fasi di progettazione e agli annunci, qualcosa di concreto si dovrebbe vedere tra la fine di questa primavera e l’estate. Lo Human Technopole vede in prima fila diversi protagonisti: innanzitutto l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, ma anche l’Università Statale e il Politecnico di Milano e l’Institute for International Interchange di Torino e la Edmund Mach Foundation di Trento. Non solo, c’è stato anche l’interesse di diverse multinazionali dell’alimentazione. Bisogna aspettare e vedere poi come queste manifestazioni di interesse si concretizzeranno e quali saranno i progetto sostenuti e gli scopi perseguiti. Qualche settimana fa, durante la visita del nostro Capo del Governo negli USA, anche la IBM ha mostrato interesse per il Progetto di riutilizzo dell’area ex EXPO e si è impegnata a partecipare con un investimento di 150 milioni di euro per lo sviluppo e la produzione di apparecchiature elettroniche per il settore sanitario.

Video di presentazione dello Human Technopole Italia 2040 di Roberto Cingolani (Direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova).

La notizia e i diversi commenti dei mesi scorsi sulla stampa: Elena Cattaneo su Repubblica; Daria Gorodiski sul Corriere della Sera; Redazione ANSA di Milano; Giovanna Mancini su Ilsole24ore; Renzo Rosso su Il Fatto Quotidiano.

III Festival dell’acqua a Milano

     Al Castello Sforzesco si stanno svolgendo cinque giorni di confronti sull’acqua: iniziati ieri, continueranno fino al prossimo venerdì 9 ottobre. Incontri organizzati in collaborazione con il Comune di Milano, MM Spa, Gruppo CAP, con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Ambiente, Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Regione Lombardia, di Città Metropolitana, di EXPO 2015, del World Water Assessment Program di Unesco e dell’associazione europea EurEau. Oltre cinquanta appuntamenti e duecento relatori stanno discutendo di sostenibilità, nutrizione, equilibrio mondiale della maggiore ricchezza del pianeta e della condizione nazionale del sistema idrico.

     I principali temi relativi alle risorse idriche affrontati sono: L’acqua per lo sviluppo del pianeta: governance globale e strumenti di cooperazione; Le politiche dell’acqua in Europa: sfide e risultati; Le case dell’acqua, un fenomeno in via di sviluppo; Qualità, controlli e sicurezza: acqua da bere; Emergenze idriche e tutela del territorio; Depurazione e infrazioni comunitarie: la situazione italiana rispetto all’Europa.

Il dott. Borracino (del http://www.secrp.it ) ha segnalato i link relativi ai video dei primi due giorni di convegni, seminari ed eventi:

Lia Quartapelle ” Il sistema Italia sa fare cooperazione. Anche nel settore idrico”

Gerardo Scibilia ” Con l’idropedale possiamo dare acqua potabile alle popolazioni svantaggiate “

Davide Corritore ” Un Festival dell’Acqua per capire come ridistribuire i saperi sul tema dell’acqua “

Massimo Gramellini: “L’acqua è poca? Ce ne siamo accorti. Anche se in ritardo”

Sergio Romano: “L’acqua non è poi così poca. Ma si fanno le guerre e non gli acquedotti”

Giovanni Valotti: ” Nel settore dell’acqua il nostro Paese può aiutare i paesi in via di sviluppo “

Pier Francesco Maran: ” Nell’area milanese investire anche sul reticolo idrico minore”

Fabio Peri: ” Acqua su Marte. E ora scopriamo l’inizio dell’Universo ” 

Leopoldo Benacchio: ” Acqua su Marte. Ora è importante trovarci un batterio”

Luca Lucentini: ” L’acqua in Italia è di ottima. Ma possiamo sviluppare nuovi sistemi di controllo”

Emanuela Cartoni: ” Nei progetti di cooperazione non si vedono più cattedrali nel deserto “

Per informazioni: http://www.festivalacqua.org/

Breve panoramica sui “motori primi” al Museo della Scienza e della Tecnica L. Da Vinci

     La struttura della sede del Museo, a partire dal 1500, era un convento annesso alla chiesa della piazza antistante. Il convento è stato in parte distrutto nella seconda guerra mondiale e poi ricostruito per farne la sede del Museo.

     I motori primi sono macchine che sono servite e servono all’uomo per utilizzare e trasformare in lavoro le fonti di energia primaria: acqua, vento, sole, forza muscolare, … La prima macchina osservata serve per sfruttare la forza muscolare dell’uomo: è il timpano. Ha funzionato dall’antichità fino all’avvento della rivoluzione industriale. Quello esposto al museo veniva utilizzato nelle miniere di carbone ed è composto da un’enorme ruota con un sistema di ingranaggi e una catena a cui sono collegate alcune “nocciolone”: le nochie. Assomiglia vagamente alla catena del rosario e perciò è detto “timpano con nochie a rosario”. Come funzionava? All’interno si metteva un uomo che camminava e la forza muscolare delle sue gambe faceva muovere la ruota (un po’ come fanno oggi i criceti nelle gabbiette). Il movimento della ruota si trasmetteva al sistema di ingranaggi fino alla catena che scendeva in un pozzo e schiacciava l’acqua che, per pressione, risaliva dall’altra parte. Generalmente veniva utilizzato per irrigare i campi o per tirare su l’acqua dalle miniere al fine di evitare o ridurre la sua infiltrazione nelle gallerie. Successivamente il timpano venne sostituito dalla macchina a vapore perché la forza sviluppata dal vapore permetteva di raggiungere maggiori profondità rispetto alla forza muscolare umana. Un’altra macchina caratteristica, a volte vista anche nei film western, usava un asino o un bue abbindolato che girava in tondo. Il verbo “abbindolare” significa costringere qualcuno a fare qualcosa che non vuole fare. Una sezione importante è quella delle ruote idrauliche. Servono per lo sfruttamento dell’acqua e se ne possono osservare di tre tipi fondamentali: romana, ritrecina, cinese. Possiamo distinguerle attraverso due elementi: l’asse di rotazione (orizzontale o verticale); la direzione dell’alimentazione (l’acqua che colpisce le ruote può arrivare dall’alto, dal basso o di lato) dalla quale dipende il tipo di pale. Nella ruota romana l’acqua arriva dall’alto contro le pale a cascata e non ha una grande portata. Non viene sfruttato il peso dell’acqua ma la velocità. L’acqua che viene giù è raccolta in un canale mentre la ruota è sopraelevata rispetto al canale. Nel canale l’acqua scorre nel verso opposto rispetto a quello di rotazione della ruota. Nella ritrecina invece, la ruota viene proprio immersa con le pale nel canale ed era utilizzata tipicamente nella pianura Padana dove abbondano i corsi d’acqua ma mancano le cascate, perciò l’alimentazione avviene dal basso. Quella cinese invece viene alimentata di fianco ed è costruita con materiale più leggero: il bambù.

     Le turbine idrauliche trasformano l’energia cinetica posseduta da una corrente d’acqua in lavoro meccanico. Si differenziano a seconda del tipo di pale e se ne osservano di tre tipi: Pelton, Francis, Kaplan.

     La Pelton viene usata in alta montagna nelle centrali idroelettriche, il suo cucchiaio non serve a contenere l’acqua ma ha uno spigolo molto accentuato. Si usa come la ruota romana, quando sono presenti alti getti d’acqua ma la cascata ha poca portata. Sfrutta il principio della reazione: l’acqua cadendo colpisce e fa muovere la ruota nel verso opposto a quello dell’acqua stessa.

     La Francis invece è centripeta, ciò significa che l’acqua arriva dall’esterno e viene convogliata all’interno. Viene usata quando il corso d’acqua ha una portata media e il salto è piccolo.

     La Kaplan viene utilizzata quando c’è molta acqua ed è provvista di pale mobili. Esistono poi le pale che sfruttano il vento ma il loro funzionamento è strettamente legato alla presenza del vento stesso.

     Macchine a vapore. La prima costruzione di una macchina a vapore c’è stata nel 1600: si può osservare il modello di Giovanni Branca. Poi si vede il modello di una macchina inventata da un fabbro inglese, costituita da un fornetto, la caldaia, un cilindro dove il vapore fa sollevare uno stantuffo che per contrappeso ne fa abbassare un secondo collegato ad un pozzo dove tira su l’acqua. Veniva utilizzata nelle miniere di carbone della Cornovaglia. Il raffreddamento e la conseguente condensazione del vapore lungo le pareti del cilindro permettevano allo stantuffo di tornare indietro non avendo più la spinta del vapore. Per favorire un rapido raffreddamento c’era un sistema di immissione d’acqua fredda intorno al cilindro. Si può osservare il modello della macchina a vapore di Watt (James Prescott Watt, 1736-1819, ingegnere e inventore britannico, autodidatta) che non ne è stato l’inventore ma ha perfezionato una macchina preesistente. Watt lavorava come tecnico nell’Università di Glasgow e riparava macchine a vapore. Gli venne portata una macchina di Newcomb guasta e si accorse che si potevano apportare delle migliorie, dopodiché la sua macchina ha completamente sostituito quella di Newcomb. Con questa macchina Watt ha trasformato il movimento alternato dello stantuffo (su e giù) in movimento continuo della ruota aggiungendo una biella e una manovella collegata alla grande ruota: il volano. Il movimento continuo ha trovato poi una vasta applicazione nelle officine. L’unità di misura della potenza (il watt, simbolo W) nel S. I. è dedicata proprio a questo scienziato. La potenza è il rapporto fra il lavoro compiuto e l’intervallo di tempo impiegato per compierlo (P=L/ΔT), è una grandezza derivata e 1 W = 1J/1s.

     Un’altra macchina esposta è del 1840 e proviene da un’officina tedesca per la produzione di birra. Anch’essa, come tante altre applicazioni, è stata possibile grazie all’invenzione del movimento continuo altrimenti l’uso sarebbe stato limitato solo come pompa, soprattutto nelle miniere.

     In un seminterrato è esposta una macchina che faceva parte di un laminatoio (officina per la produzione di badili, vanghe, arnesi da scavo e da taglio) in Inghilterra. Nello stesso locale, un modellino mostra le varie fasi della produzione in un’acciaieria Falk. Naturalmente nelle moderne acciaierie gran parte del lavoro è meccanizzato e l’uomo ha un ruolo di manutenzione, controllo della struttura e regolazione del processo, perché incidenti e malfunzionamenti sono sempre possibili, come insegna la tristissima vicenda delle acciaierie Thyssen Krupp in corso Regina Margherita a Torino nel 2008.

Per approfondimenti: http://www.museoscienza.org/

http://it.wikipedia.org/wiki/Motore_a_vapore

http://it.wikipedia.org/wiki/Museo_nazionale_della_scienza_e_della_tecnologia_%22Leonardo_da_Vinci%22

http://it.wikipedia.org/wiki/Turbina_idraulica

http://www.isit100.fe.it/aprogetto/itis/9899/5c/ipertesto/macchineavapore.htm