Materie prime strategiche nella storia

Alessandro Giraudo, autore di numerose pubblicazioni tra cui “Storie straordinarie delle materie prime” (edito da Add, Torino), sul n. 60 della rivista World Energy ha proposto un articolo sulle materie prime strategiche nella storia. Un articolo molto interessante per adulti e studenti che si occupano di storia, economia, geopolitica, chimica e geografia.

Qui puoi leggere l’articolo.

Propongo anche l’indice del libro, con le relative pagine. Alcuni di questi argomenti negli anni scorsi sono stati trattati anche in questo blog.

INDICE

  • Il tappeto volante di Umberto Eco 13
  • L’ossidiana, la pietra nera che fa la fortuna delle isole vulcaniche 27
  • Il sale, il re dei conservanti alimentari, le saliere diventano forzieri 31
  • Le spezie, un terzo del commercio mondiale da oltre quaranta secoli 37
  • L’urina, essenziale nella protoindustria e per il biondo veneziano 42
  • La via dell’incenso nel Medio Oriente, i profumi del Koh giapponese e di Hong Kong 46
  • Il bitume, mummie, farmacopea e la fortuna di Petra 50
  • Papiro contro pergamena: una lunga battaglia economica nel Mediterraneo 53
  • L’oro, simbolo degli dei, della ricchezza e dell’immaginario 58
  • Il grano nell’impero romano e le frumentationes, quando il sistema crea troppi assistiti 64
  • La seta: in Cina è una moneta, a Roma vale quanto l’oro 69
  • La lana, “borse” e contratti, e il woolsack della camera dei Lord 76
  • Il colore blu, le Crociate e il paese di Cuccagna 81
  • L’indaco, la “tinta del diavolo”, la concorrenza sul mercato dei colori 85
  • Il pepe, tra Venezia e Lisbona: una battaglia commerciale lunga un secolo 89 L’argento, la creazione del primo mercato globalizzato 94
  • Lo zucchero di canna: il sale dolce di Alessandro Magno, da Colombo a Napoleone 102
  • L’allume, mordente essenziale per l’industria e le miniere del papa 109
  • La battaglia per il colore rosso: porpora del murice, robbia e rosso di cocciniglia 115
  • I diamanti di Golconda e il monopolio veneziano, la Voc olandese e l’Eic inglese 121
  • I lapislazzuli, il “tesoro blu” dell’Afghanistan e i mercanti di colori 125
  • Il salnitro, il sale dell’inferno, i cannoni e i fuochi del Bengala 129
  • I semi di cacao: quando le monete crescevano sugli alberi 136
  • Il mais, pianta degli Aztechi, tra produttività e pellagra 142
  • Le patate, cibo di marinai, guerre e carestie 146
  • “L’erba della regina”, coltivata in America dagli schiavi africani e venduta ai cinesi dagli europei 152
  • Il tè, una moneta usata nelle transazioni e per pagare le tasse 157
  • “L’erba dei gesuiti”, la lotta per il monopolio dell’antidoto alla malaria 162
  • Il caffè: pane, bevanda del diavolo e… spionaggio 167
  • La noce moscata, l’isola di Run e la rivalità tra olandesi e inglesi per New York 174
  • Il mercato delle pellicce: la “piccola era glaciale” sposta il baricentro economico 178
  • Le alghe: alimento, concime, combustibile e componente della soda 183
  • Il ghiaccio: i sorbetti di Alessandro, di Saladino, di Luigi XIV e l’esportazione della neve 187
  • La soia: una leguminosa arrivata in Europa solo nel 1712 191
  • Il legno: dopo aver distrutto le proprie foreste, l’Europa va all’attacco degli alberi delle colonie 195
  • La belladonna: un fiore per abbellire gli occhi delle cortigiane che crea molte vedove… 202
  • Il mercurio, Alice, il Cappellaio Matto e la sifilide 206
    Torba fiamminga contro carbone inglese: i fallimenti della rivoluzione industriale olandese 210
    L’oppio: psicotropo e casus belli per gli europei contro la Cina 214
    Il tungsteno: dal “fior di pesco” a metallo essenziale per la guerra 220
    Il platino, metallo strategico per le guerre… e Cartier 225
    Le storie nel cuore della Storia di Philippe Chalmin 233
    Ringraziamenti 237
    Indice dei nomi 239


Breve estratto del libro. Dal primo paragrafo (Il tappeto volante di Umberto Eco):

Le materie prime hanno influenzato l’intera storia umana e continuano ad avere un ruolo centrale negli equilibri tra le placche tettoniche dell’economia mondiale. In passato era il pepe, oggi è l’energia; in futuro saranno forse il coltan, il litio, il germanio, il promezio, il tulio e altri metalli i cui nomi rimandano alla mitologia greca.

Le materie prime hanno causato guerre, portato la pace, stimolato spedizioni in terre sconosciute, dato vita a incredibili operazioni di spionaggio, stabilito nuovi equilibri tra i Paesi e gli uomini. Oro, argento, spezie, cereali, rame e stagno, ferro e carbone… ma anche sale e seta, caffé e cacao, mercurio e alghe, diamanti e lana hanno contribuito a fare e disfare la Storia, ad arricchire certi uomini e impoverirne altri, a fare la fortuna di alcuni (i ricchi mercanti e in seguito i proprietari delle fucine) e a gettarne altri nell’abisso della disperazione (gli schiavi che lavoravano alla coltivazione dello sparto, all’estrazione del mercurio o i mitayos e gli schiavi africani delle miniere di Potosí, i minatori e gli operai della prima rivoluzione industriale). ….

La storia delle materie prime è la storia dell’umanità stessa attraverso gli odori, i profumi, i fetori, le fragranze, i colori, i gusti, i sapori. Il ghiaccio delle montagne della regione di Boston veniva spedito a Cuba per mantenere fresche le bevande dei ricchi proprietari delle piantagioni di canna da zucchero; gli uomini si battevano a colpi di moschetto per controllare la produzione della noce moscata in Asia; si credeva che l’angelica fosse un rimedio miracoloso a molti mali e le pietre nere (il carbone) descritte da Marco Polo, secoli dopo avrebbero cambiato la vita degli uomini in Europa e poi nel mondo intero.”

Le armi chimiche

iprite     Nella storia umana sono molti gli anniversari di cui non essere fieri, come quelli delle guerre e dei genocidi che si sono susseguiti nei secoli in varie parti del pianeta. Tra questi episodi, bisogna ricordare anche l’utilizzo quasi cento anni fa della prima arma chimica sui campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale. Nel 1917 in Belgio, nella zona di Ypres, furono utilizzati su vasta scala gas chimici contro i soldati delle trincee: si trattava di tioetere di cloroetano, nome IUPAC “solfuro di 2,2 diclorodietile” (Cl-CH2-CH2-S-CH2-CH2Cl). Si tratta di un liquido vescicante e altamente  urticante, che persiste nel terreno una volta irrorato.

     La sostanza, dal luogo in cui fu utilizzata come veleno contro i soldati, venne chiamata iprite. Gli effetti devastanti sui malcapitati soldati, piaghe, cecità, infezioni diffuse e morte, indussero gli Stati a inserire, nella Convenzione di Ginevra del 1925, il divieto del suo uso in guerra. Nel frattempo il gas era stato utilizzato anche in altre occasioni, da diversi altri Stati.

     Durante le Seconda Guerra Mondiale, anche in Italia, nel 1943 nel porto di Bari, un bombardamento colpì una nave alleata contenente sostanze chimiche e l’iprite che si liberò causò l’avvelenamento e la morte di qualche migliaio di civili e soldati presenti nel porto.

Un libro di Francesco Morra, autore anche di un documentario per “La Grande Storia” di RAI 3, ripropone cosa effettivamente accadde nel cosiddetto “disastro di Bari” del 1943.

Per saperne di più: Top Secret: Bari 2 dicembre 1943, video-documentario su youtube.

     Purtroppo la chimica è stata utilizzata come arma bellica anche in seguito, fino agli ultimi decenni: si pensi all’utilizzo in Vietman del napalm (acronimo di naftenico e palmitico), una miscela di sali di alluminio ottenuta da acidi naftenici e acidi grassi, come materiali incendiari (storica l’immagine presente anche in rete della bambina nuda, ustionata, che fugge per strada insieme ad altri bambini); oppure all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito, che tanti danni hanno causato anche nella guerra che ha devastato e smembrato la ex Jugoslavia. Del resto anche il pretesto del possesso (rivelatosi falso) di eventuali armi chimiche di distruzione di massa è stata la “motivazione ufficiale” della guerra in Iraq e della conseguente ulteriore destabilizzazione di tutta l’area Mediorientale.

     La chimica ha permesso di produrre materiali, sostanze e farmaci ormai indispensabili e non saranno questi episodi di cattiva gestione a sminuirne l’importanza. Ma non bisogna ignorarli. Credit immagine: http://it.wikipedia.org/wiki/Iprite

Scienza in conio al Museo Galileo di Firenze

     Il Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, propone una mostra virtuale che valorizza una collezione di circa 350 medaglie raffiguranti personaggi ed eventi della storia della Scienza. Numerose sono quelle che rappresentano congressi scientifici, enti e celebrazioni varie. Le medaglie dedicate a Galileo e al suo cannocchiale sono diverse, come quella del 1680 riportata nell’immagine. La struttura portante della collezione è il Medagliere Aperlo, voluto dal medico collezionista Giovanni Aperlo (Sassari, 1882 – Milano 1942). 

     Il catalogo è consultabile per cronologia e in questo caso le medaglie sono raggruppate per secolo, partendo dal XV con una medaglia raffigurante Pietro Buono Avogaro (1472), “ferrariensis medicus insignis astrologus insignior”. Sul rovescio è raffigurato Esculapio. Ogni medaglia ha una dettagliata descrizione.

     Tra quelle realizzate nel XX secolo non posso evitare di segnalare la medaglia in bronzo del 1911 che ritrae Amedeo Avogadro e quella del 1926 che raffigura Stanislao Cannizzaro.

     La consultazione del medagliere può avvenire anche per indice che  consente di scegliere i soli ritratti oppure tutte le medaglie, in ordine alfabetico. Sono rappresentate tutte le branche della Scienza.

Per saperne di più: http://www.museogalileo.it/

Per iniziare la visita alla mostra virtuale: http://mostre.museogalileo.it/medaglie/indice.html

     Un ringraziamento ai curatori della mostra che, scegliendo di mettere online i materiali, ci permettono di ammirare molti pezzi veramente belli. Se i visitatori non possono andare al museo, è il museo stesso che in questo modo si presenta sui computer degli interessati. L’immagine in basso rappresenta una medaglia in bronzo dorato del 1899 che celebra l’esposizione di Como sull’elettricità e l’industria serica. Sul dritto: viene onorato Alessandro Volta nel I centenario dell’invenzione della pila. Sul rovescio: Volta presenta la sua pila a Napoleone Bonaparte. In alto: Galileo, Avogadro e Cannizzaro.

 

Rubata la storia della Scienza

     I furti di reperti archeologici o di opere d’arte sono stati sempre frequenti in Italia. Meno frequenti erano i furti di libri rari, ma alcuni personaggi hanno pensato di rimediare a questa “statistica” ricercando  e rubando migliaia di testi preziosi.

     Una segnalazione ai Carabinieri di alcuni mesi fa evidenziava la presenza di libri rari e di origine “sospetta” sul mercato delle aste internazionali, frequentate da collezionisti e mercanti di varie parti del mondo. Così sono stati recuperati qualche migliaio di volumi provenienti da “furti” nella prestigiosa Biblioteca dei Girolamini di Napoli, aperta al pubblico nel lontano 1586, ricca di circa 170.000 opere. Per antichità è la seconda d’Italia, dopo quella dei Malatesta di Cesena. I volumi mancanti sarebbero alcune migliaia ma la scomparsa o distruzione (non si sa) di una parte del catalogo non consente di conoscere il numero esatto e tutti i titoli dei volumi sottratti. Considerando solo alcuni dei testi più antichi di cui è stata accertata la scomparsa da parte dei Carabinieri e dalla Magistratura napoletana, si rimane stupiti dai titoli. Alcuni dei volumi sono stati sottratti anche alla Biblioteca Nazionale della città e dalla biblioteca della storica Abbazia di Montecassino, fondata da San Benedetto da Norcia nel lontano 529, più volte distrutta (l’ultima volta dai bombardamenti alleati nel 1944) e altrettante volte ricostruita. 

     Qualche esempio ci fornisce un’idea del valore storico delle opere sottratte. Sono state trafugate: A) una prima edizione del “Sidereus Nuncius” di Galileo Galilei del 1610, in cui il padre del metodo scientifico annunciava al mondo le scoperte effettuate (la superficie lunare, la scoperta dei “pianeti medicei” o satelliti di Giove, ecc.) con le prime osservazioni col cannocchiale (definito “cannone occhiale”) da lui stesso costruito nel 1609, suscitando stupore e sbigottimento sia negli uomini di scienza che in quelli di religione. B) un kalendarium in pergamena stampato nel 1476 a Venezia, dell’astronomo Regiomontano. C) Il manoscritto “De re medica” del XIII secolo, di Guglielmo da Saliceto. D) “Le operazioni del compasso geometrico”, ancora di Galileo, stampato nel 1601. E) Una Divina Commedia di Dante, stampata nel 1500. F) Un antico volume di “Scienza Nuova” di Giambattista Vico [ricordo con piacere la  sua casa natale, nella caratteristica via San Biagio dei Librai, a Napoli], con note manoscritte dell’autore. G) L’”Utopia” di Thomas More del 1516. H) “Astronomia Nova” di Giovanni Keplero, un trattato del 1609 in cui il grande scienziato espone i risultati dei suoi studi (basati anche sui precisi calcoli effettuati  dall’astronomo danese Tycho Brahe che lo aveva preso come suo assistente) ed enuncia due delle sue celebri leggi sul moto dei pianeti. I) Le “Opere” di Aristotele, pubblicate da Aldo Manuzio nel 1495. L) Il “De rebus gestis” ancora di Giambattista Vico, del 1715.

     Ma la razzia, messa in atto non da sbandati o poveracci ma da “colletti bianchi”, comprende anche opere di Giordano Bruno, Tommaso D’Aquino, Leon Battista Alberti e altri. Come si fà a non indignarsi?

     Alla collettività si ruba di tutto e spesso, in vari modi, si nega ai giovani il diritto alla conoscenza, alla cultura, all’istruzione, alla storia, alla Scienza.

Se i collezionisti bramano in modo maniacale il possesso delle opere, i personaggi che progettano e poi eseguono o fanno eseguire questi furti hanno come unica passione il denaro e mostrano un sommo disprezzo per la collettività.

Per saperne di più: http://www.huffingtonpost.it/2013/10/25/furto-biblioteca-girolamini_n_4162267.html

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/28/saccheggio-dei-girolamini/694655/

http://it.wikipedia.org/wiki/Biblioteca_dei_Girolamini

http://montecassinoabbey.org/ 

     Nelle immagini: una sala della bella Biblioteca dei Girolamini; il frontespizio del Sidereus Nuncius, 1a edizione 1510; frontespizio di Scienza Nuova, edizione del 1744.

 

La “vita senz’aria”: breve excursus storico

fermentation_products-278x300     Fu questo il nome che Louis Pasteur diede al fenomeno della fermentazione quando la scoprì. Sì, perché è stato proprio Pasteur a scoprire il meccanismo metabolico fondamentale degli organismi anaerobi e tra le tante altre cose, nel 1881, introdusse il termine “microbiologia”. Eppure l’uomo, senza conoscerne i meccanismi molecolari,  sfruttava questo processo già da qualche millennio, per la produzione di vino, aceto e formaggi. Con Pasteur, lo studio della fermentazione era affiancato dal dibattito sulla generazione spontanea dei microrganismi e della vita. Per spiegare il fenomeno della fermentazione, durante il 1800, vennero seguite due vie: quella chimica e quella biologica basata sullo studio degli organismi associati alla putrefazione della materia organica.

Il primo alfiere della “teoria biologica” della fermentazione fu Cagniard De Latour che nel 1837 individuò e descrisse le cellule di lievito che si moltiplicavano per gemmazione. Questo fatto lo indusse a ritenere che la fermentazione era causata da un fenomeno “vegetativo”, a causa della formazione delle gemme. Intanto Theodor Schwann, che aveva già proposto la “teoria cellulare” insieme a Schleiden (la cellula come unità strutturale e funzionale dei viventi), si era dedicato allo studio della fermentazione e dopo aver scoperto vari germi della putrefazione degli organismi morti, giunse alla stessa conclusione di De Latour: la fermentazione e solo un fatto fisiologico indotto da microrganismi. Sempre nello stesso anno, vennero pubblicati i risultati delle osservazioni microscopiche di Friedrich Kützing che diedero un’ulteriore conferma alla teoria biologica. Gli alfieri della teoria chimica invece, che si contrapponeva anche ferocemente alle conclusioni dei biologi, furono Berzelius  (chimico svedese che scoprì il silicio, il torio, il vanadio, il cerio e lo zirconio, oltre a proporre la classificazione degli elementi in metalli e metalloidi), Justus Von Liebig (famoso soprattutto per il suo metodo di preparazione degli estratti di carne e per la legge che porta il suo nome, relativa al fattore limitante della crescita dei vegetali)  e Friedrich Wöhler (scoprì alluminio, ittrio e boro e, soprattutto, fu il primo a sintetizzare un composto organico in laboratorio: l’urea) secondo i quali la fermentazione era una semplice conversione di una sostanza chimica (lo zucchero) in altre (alcool e diossido di carbonio).

Ci furono diverse polemiche e la situazione si chiarì solo con Pasteur che, negli anni a cavallo del 1860, studiò la fermentazione soprattutto in relazione ai problemi concreti della produzione di vino e aceto. Durante i suoi studi riuscì a far sviluppare in ambiente privo di azoto i fermenti alcolici, quelli lattici e quelli responsabili della fermentazione butirrica. Analizzando il comportamento di questi microrganismi con e senza aria, Pasteur concluse che vivevano in assenza di ossigeno. Da qui il nome di “vita senza aria” dato alla fermentazione. Altri studiosi osservarono che durante la formazione dell’aceto si sviluppava la “madre dell’aceto”, una sottile pellicola costituita da microrganismi cui venne dato il nome di Mycoderma aceti. Quando Pasteur utilizzò il Mycoderma per produrre aceto, lo fece anche in una soluzione costituita da alcool, ammoniaca e sali minerali scoprendo che otteneva aceto solo se questi funghi erano a contatto con l’aria. La fermentazione quindi non riguardava solo la “vita senza aria”. Oggi sappiamo che consiste in un insieme di processi biochimici determinati sui composti organici da microrganismi e dagli enzimi che producono. I microrganismi sono soprattutto muffe, lieviti e batteri. Abbiamo vari tipi di fermentazione che prendono il nome dall’acido che si ottiene come prodotto finale: fermentazione alcolica, lattica, acetica, citrica, butirrica, propionica ecc. Un’importanza particolare rivestono le fermentazioni utilizzate dalle aziende farmaceutiche per produrre antibiotici e altri tipi di farmaci. Ma qui entreremmo in un settore specifico che non possiamo affrontare nel nostro corso di studi di istituto superiore. Invece possiamo ricordare un aspetto importantissimo della fermentazione: la quantità di energia che produce in rapporto alla respirazione cellulare. Nella respirazione cellulare, che avviene nei cloroplasti delle cellule, da ogni molecola di glucosio si ottengono complessivamente 36 o 38 molecole di ATP (se la cellula è adeguatamente rifornita di ossigeno!). Nella fermentazione i microrganismi possono produrre energia in assenza di ossigeno, però quest’energia viene generata solo mediante la glicolisi e il suo rendimento netto è di 2 molecole di ATP, molto inferiore a quello della respirazione. La fermentazione quindi può soddisfare le modeste esigenze energetiche solo di alcuni microrganismi. Consideriamo poi che, mentre molti procarioti sono anaerobi obbligati cioè costretti a vivere in assenza di ossigeno e a ricavare energia solo dalla fermentazione, altri batteri e i lieviti sono anaerobi facoltativi perché oltre a poter utilizzare la fermentazione in assenza o carenza di ossigeno, possono produrre ATP anche in presenza di ossigeno tramite la fosforilazione ossidativa, la terza tappa della respirazione cellulare, dopo glicolisi e ciclo di Krebs. In un periodo in cui si registra un crescente e smodato consumo di materia ed energia in molti Paesi ricchi o in via di sviluppo, qualche riflessione sui modestissimi bisogni energetici di alcuni viventi può aiutarci a ritrovare il senso della misura, a ridurre gli sprechi e a ritornare verso consumi più contenuti ed ecocompatibili.

Parte iniziale della tesina di Mario Mele sulla fermentazione alcolica

http://video.google.com/videoplay?docid=-6693991507149333310#

L’immagine sui vari prodotti della fermentazione è tratta da:

textbookofbacteriology.net/…/Effects.html

Galileo Galilei e Giovanni Paolo II

Galileo-i     Tra qualche giorno ci sarà la beatificazione di Giovanni Paolo II. Perché ce ne occupiamo in un blog sulla didattica delle scienze? Come indica il titolo, per le sue posizioni sul “caso” Galileo. Molte vicende di Galileo sono note. Sinteticamente possiamo dire che, con le sue opere e le sue idee favorevoli al “Sistema copernicano”  e  alla teoria eliocentrica, condusse una difficile battaglia per l’autonomia e la libertà della scienza. Sosteneva che come la Bibbia deriva da Dio ed è alla base della religione cristiana, allo stesso modo, anche la natura deriva da Dio ed è alla base della scienza. In particolare, la scienza si occupa dello studio e dell’interpretazione dei fenomeni naturali che sono scritti con un linguaggio prevalentemente matematico. La religione invece si occupa dell’etica, dei comportamenti, dell’anima e della vita ultraterrena. Scienza e fede pertanto non debbono essere in contrapposizione ma ciascuna è autonoma nel proprio ambito. Un’altra dura lotta di Galilei venne portata avanti contro il dogmatismo degli aristotelici che, secondo lui, inebetisce gli intelletti. I suoi studi sulla fisica, riguardanti il principio di inerzia, le leggi sulla caduta dei gravi e il secondo principio della dinamica, furono notevoli. Non meno importanti furono le scoperte astronomiche dovute all’uso del telescopio e il suo “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” in difesa del copernicanesimo. L’altro grande merito di Galilei è stato il metodo d’indagine scientifico o metodo sperimentale. Questo metodo detto anche “galileiano” è basato su aspetti analitici (osservazione dei fenomeni, misurazione matematica dei dati, formulazione di ipotesi ad essi correlate) e su momenti di sintesi (verifica sperimentale delle ipotesi, formulazione di eventuali leggi). Questo modo di affrontare i fenomeni fisici e naturali ci consente di definirlo “Padre della scienza moderna”. Le sue idee, soprattutto quelle a sostegno della teoria di Copernico gli costarono, da parte della Chiesa, l’ammonizione, la condanna e l’umiliazione dell’abiura in ginocchio davanti ai cardinali della Congregazione del Sant’Uffizio. Per quasi 400 anni la posizione della Chiesa nei suoi confronti non è cambiata di molto. Cosa ha fatto Giovanni Paolo II? Innanzitutto il 10 novembre 1979, in un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze dice:Signor Presidente! Ella nel Suo discorso ha detto giustamente che Galileo e Einstein hanno caratterizzato un’epoca. La grandezza di Galileo è a tutti nota, come quella di Einstein; ma a differenza di questi che oggi onoriamo di fronte al Collegio cardinalizio nel nostro palazzo apostolico, il primo ebbe molto a soffrire – non possiamo nasconderlo – da parte di uomini e organismi di Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto e deplorato certi indebiti interventi: “Ci sia concesso di deplorare – è scritto al n. 36 della Costituzione conciliare Gaudium et spes – certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancarono nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro;. Il riferimento a Galileo è reso esplicito dalla nota aggiunta, che cita il volume Vita e opere di Galileo Galilei di Mons. Paschini, edito dalla Pontificia Accademia delle Scienze.

A ulteriore sviluppo di quella presa di posizione del Concilio, io auspico che teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, approfondiscano l’esame del caso Galileo e, nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano, rimuovano le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo. A questo compito, che potrà onorare la verità della fede e della scienza, e dischiudere la porta a future collaborazioni, io assicuro tutto il mio appoggio. Mi sia lecito, Signori, offrire alla loro attenta considerazione e meditata riflessione, alcuni punti che mi appaiono importanti per collocare nella sua vera luce il caso Galileo, nel quale le concordanze tra religione e scienza sono più numerose, e soprattutto più importanti, delle incomprensioni che hanno causato l’aspro e doloroso conflitto che si è trascinato nei secoli successivi. …”

Nel 1981 venne istituita una commissione di studio sul caso Galilei che dopo undici anni propose la sua conclusione: la condanna di Galilei del 1633 fu ingiusta per una indebita ingerenza della Commissione pontificia dell’epoca. Era già un notevole passo verso la verità. Giovanni Paolo II, il 31 ottobre 1992, nel suo discorso alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze riprende il caso ed espone le conclusioni della Commissione:“ Ero mosso da simili preoccupazioni, il 10 novembre 1979, in occasione della celebrazione del primo centenario della nascita di Albert Einstein, quando espressi davanti a questa medesima Accademia l’auspicio che “dei teologi, degli scienziati e degli storici, animati da spirito di sincera collaborazione, approfondissero l’esame del caso Galileo e, in un riconoscimento leale dei torti, da qualunque parte essi venissero, facessero scomparire la sfiducia che questo caso ancora oppone, in molti spiriti, a una fruttuosa concordia tra scienza e fede”… Inoltre, la rappresentazione geocentrica del mondo era comunemente accettata nella cultura del tempo come pienamente concorde con l’insegnamento della Bibbia, nella quale alcune espressioni, prese alla lettera, sembravano costituire delle affermazioni di geocentrismo. Il problema che si posero dunque i teologi dell’epoca era quello della compatibilità dell’eliocentrismo e della Scrittura.
Così la scienza nuova, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi suppongono, obbligava i teologi a interrogarsi sui loro criteri di interpretazione della Scrittura. La maggior parte non seppe farlo.

Paradossalmente, Galileo, sincero credente, si mostrò su questo punto più perspicace dei suoi avversari teologi….  Possiamo già qui formulare una prima conclusione. L’irruzione di una nuova maniera di affrontare lo studio dei fenomeni naturali impone una chiarificazione dell’insieme delle discipline del sapere. Essa le obbliga a delimitare meglio il loro campo proprio, il loro angolo di approccio, i loro metodi, così come l’esatta portata delle loro conclusioni. In altri termini, questa novità obbliga ciascuna delle discipline a prendere una coscienza più rigorosa della propria natura.

Il capovolgimento provocato dal sistema di Copernico ha così richiesto uno sforzo di riflessione epistemologica sulle scienze bibliche, sforzo che doveva portare più tardi frutti abbondanti nei lavori esegetici moderni e che ha trovato nella Costituzione conciliare Dei Verbum una consacrazione e un nuovo impulso. … Se la cultura contemporanea è segnata da una tendenza allo scientismo, l’orizzonte culturale dell’epoca di Galileo era unitario e recava l’impronta di una formazione filosofica particolare. Questo carattere unitario della cultura, che è in sé positivo e auspicabile ancor oggi, fu una delle cause della condanna di Galileo. La maggioranza dei teologi non percepiva la distinzione formale tra la Sacra Scrittura e la sua interpretazione, il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca scientifica. … Galileo, che ha praticamente inventato il metodo sperimentale, aveva compreso, grazie alla sua intuizione di fisico geniale e appoggiandosi a diversi argomenti, perché mai soltanto il sole potesse avere funzione di centro del mondo, così come allora era conosciuto, cioè come sistema planetario…. L’errore dei teologi del tempo, nel sostenere la centralità della terra, fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale della S. Scrittura….” In pratica sono stati riconosciuti gli errori delle gerarchie della Chiesa sul caso Galilei. Per arrivare a riconoscere eventuali errori in altri “casi” famosi, ad esempio quello di Giordano Bruno, forse ci vorranno altri secoli.

Slides su Pisa e Galileo Galilei: http://youtu.be/7BdaaFpakzw 

Per leggere l’intero discorso di Papa Giovanni Paolo II:

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1992/october/documents/hf_jp-ii_spe_19921031_accademia-scienze_it.html

Chi vuole consultare o scaricare alcune opere originali di Galilei (Sidereus Nuncius, Il Saggiatore, Dialogo sopra i due massimi sistemi, ecc. :  http://fermi.imss.fi.it/rd/bd

Una serie di 12 documentari sulla vita di Galilei:

http://www.youtube.com/watch?v=E54IMDNcwRI

Elementi chimici, i loro scopritori e le date


     La costruzione delle conoscenze scientifiche è un processo lento e continuo. Gli elementi chimici organizzati nel sistema periodico sono il pilastro più importante dello studio della materia. Sono i mattoni fondamentali che possono essere analizzati sotto molti aspetti. Uno di questi è la loro origine o scoperta. Accanto ad elementi di origine preistorica di cui non si sa chi sia stato lo scopritore, abbiamo la maggior parte degli elementi scoperti tra il XVIII e il XIX secolo quando con Lavoisier ed altri è nata la chimica moderna. Tra gli elementi preistorici bisogna segnalare il rame che per la facilità d’estrazione dai suoi minerali è stato il primo metallo utilizzato dall’uomo dopo l’Età della pietra e ancora oggi mantiene la sua importanza per essere un ottimo conduttore di elettricità e calore. Altrettanto importante è stato il ferro e lo è tuttora anche con le sue leghe, ad esempio l’acciaio. Negli ultimi decenni invece sono stati scoperti nuovi elementi chimici prodotti in laboratorio, in modo artificiale, di brevissima durata, tanto che secondo alcuni studiosi si tratta di procedimenti e scoperte inutili. Ma veniamo agli elementi e ai loro scopritori. Accanto a nomi sconosciuti ai più, molti di voi troveranno anche tanti nomi famosi incontrati nei libri di testo, nelle schede storiche o  nei materiali dei laboratori di chimica e fisica.

Idrogeno (Cavendish, 1766)

I gruppo

Litio (Arfvedson, 1817)

Sodio (Davy, 1807)

Potassio (Davy, 1807)

Rubidio (Bunsen & Kirchoff, 1861)

Cesio (Bunsen & Kirchoff, 1863)

Francio (Perey, 1938)

II gruppo

Berillio (Vauquelin, 1798)

Magnesio (Black, 1775)

Calcio (Davy, 1808)

Stronzio (Davy, 1808)

Bario (Davy, 1808)

Radio (P. & M. Curie, 1898)

III gruppo

Boro (Gay-Lussac & Thenerd; Davy 1808)

Alluminio (Wohler, 1827)

Gallio (Boisbaudran, 1875)

Indio (Riech & Richter, 1863)

Tallio (Crookes, 1861)

IV gruppo

Carbonio (preistorico)

Silicio (Berzelius, 1824)

Germanio (Winkler, 1886)

Stagno (preistorico)

Piombo (preistorico)

V gruppo

Azoto (Rutherford, 1772)

Fosforo (Brand, 1669)

Arsenico (Albertus Magnus, 1250?)

Antimonio (preistorico)

Bismuto (Geoffroy, 1753)

VI gruppo

Ossigeno (Preistley, 1774)

Zolfo (preistorico)

Selenio (Berzelius, 1817)

Tellurio (Von Reichenstein, 1782)

Polonio (Curie, 1898)

VII gruppo

Fluoro (Moissan, 1886)

Cloro (Scheele, 1774)

Bromo (Balard, 1826)

Iodio (Cortois, 1811)

Astato (Corso et a. 1940)

VIII gruppo

Elio (Janssen, 1868)

Neon (Ramsay & Travers, 1898)

Argon (Rayleight & Ramsay, 1894)

Krypton (Ramsay & Travers, 1898)

Xenon (Ramsay & Travers, 1898)

Radon (Dorn, 1900)

Elementi di transizione

Scandio (Nilson, 1898)

Titanio (Gregor, 1791)

Vanadio (Del Rio, 1901)

Cromo (Vauquelin, 1797)

Manganese (Gahn, Scheele & Bergman, 1774)

Ferro (preistorico)

Cobalto (Brandt, 1735)

Nickel (Cronstedt, 1751)

Rame (preistorico)

Zinco (preistorico)

Yttrio (Gadolin, 1794)

Zirconio (Klaproth, 1789)

Niobio (Hatchett, 1801)

Molibdeno (Scheele, 1778)

Tecnezio (Perrier & Segre, 1937)

Rutenio (Klaus, 1834)

Rodio (Wollastom, 1803)

Palladio (Wollastom, 1803)

Argento (preistorico)

Cadmio (Stromeyer, 1817)

Lantanio (Mosander, 1839)

Afnio (Coster & Von Hevesy, 1923)

Tantalio (Ekeberg, 1801)

Tungsteno (J. & F. d’Elhuyar, 1783)

Renio (Noddack, Berg & Tacke, 1925)

Osmio (Tennant, 1803)

Iridio (Tennant, 1803)

Platino (Ulloa, 1735)

Oro (preistorico)

Mercurio (preistorico)

Attinio (Dobierne, 1899)

….

Tra gli attinidi

Uranio (Peligot, 1841)

Plutonio (Seaborg et a. 1940)

STORIA DELLA SCIENZA: CARTESIO

 

René Descartes  (La Haye,  1596 – Stoccolma,  1650), fu un insigne filosofo e un valente matematico che diede fondamentali contributi a questi due campi del sapere. È conosciuto anche con il nome latinizzato Renatus Cartesius, in Italia modificato in Cartesio.

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STORIA DELLA SCIENZA: AVOGADRO

 Amedeo Carlo Avogadro Conte di Quaregna e Cerreto (Torino, 1776 – Torino, 1856) è stato un fisico e chimico italiano. Nato in un’antica famiglia nobile piemontese, Amedeo Avogadro fu un brillante studente, si laureò molto giovane in diritto ecclesiastico e iniziò a praticare. Comunque, poco dopo si dedicò allo studio della fisica e della matematica, le sue scienze preferite, e nel 1809 cominciò a insegnarle al liceo di Vercelli (dove la sua famiglia aveva dei possedimenti). Durante la sua permanenza a Vercelli scrisse una memoria nella quale formulò un’ipotesi che viene oggi chiamata Legge di Avogadro: "Volumi uguali di gas, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole".

Avogadro sviluppò questa ipotesi dopo che Joseph Louis Gay-Lussac pubblicò la sua legge sui volumi (e i gas combinati) nel 1808. La principale difficoltà che Avogadro dovette risolvere fu la grande confusione che regnava al tempo su atomi e molecole – uno dei più importanti contributi del lavoro di Avogadro fu quello di distinguere gli uni dalle altre, ammettendo che anche particelle semplici potevano essere composte da molecole, e che queste ultime sono composte da atomi. John Dalton, ad esempio, non considerava questa possibilità. Avogadro in realtà non usò la parola "atomo" in quanto i termini "atomo" e "molecola" erano usati in maniera quasi indistinta. Egli considerava l’esistenza di tre tipi di "molecole", comprese le "molecole elementari" (i nostri "atomi"). Oltre a ciò, diede una particolare attenzione alla definizione di massa, come distinta dal peso. Solamente con gli studi di Gerhardt, Laurent e Williamson sulla chimica organica, fu possibile dimostrare che la Legge di Avogadro era indispensabile a spiegare perché la stessa quantità di molecole, portate allo stato di vapore, avessero lo stesso volume.

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